di Elena Molinari
Keith Rudolph entra nell’ambulatorio della Codman square house con il figlio James per mano. Ha un appuntamento, dice all’infermiera. Le mostra il cartellino dell’assicurazione, paga un ticket di 10 dollari e si siede ad aspettare. Cinque anni fa Rudolph ha subito un ictus e i controlli mensili sono routine. Ma solo dal 2006.
Prima non aveva l’assicurazione sanitaria e si limitava a «incrociare le dita». «Guadagno 45 mila dollari lordi l’anno e l’assicurazione più economica ne costava 600 al mese. Il ricovero per l’ictus mi ha quasi mandato in bancarotta».
La differenza tra Rudolph e i 46 milioni di americani che ancora non possono permettersi di andare dal dottore una volta al mese è che lui vive a Boston. E nel 2006 il Massachusetts è stato il primo stato americano a tentare di offrire ai cittadini una copertura sanitaria universale.
Ora che il dibattito sulla riforma della mutua statunitense si è fatto infuocato, molti americani scrutano proprio il New England per controllare l’esito dell’esperimento. Rudolph, che adesso paga 105 dollari al mese per assicurare la sua famiglia, per loro ha un solo messaggio: fatelo anche voi. «Quando vidi Romney annunciare la nuova legge, chiamai il numero verde e dissi: fatemi iscrivere». La legge che l’allora governatore repubblicano (e futuro candidato presidenziale) Mitt Romney firmò in diretta tv è molto simile alla proposta in discussione in Congresso che ha pure sollevato violente proteste contro il maggiore promotore, Barack Obama, paragonato in più di un’assemblea cittadina addirittura ad Adolf Hitler o a Stalin.
Cardine della riforma in Massachusetts è obbligare tutti ad avere una copertura sanitaria, come l’assicurazione dell’auto, che può essere fornita dallo stato, dal datore di lavoro o da un gruppo privato.
L’alternativa è pagare una multa dai 200 ai 900 dollari l’anno. Lo stato si fa carico di parte dell’onere mensile per le famiglie che guadagnano fino a 66 mila dollari l’anno e gestisce un’agenzia che negozia, per tutti gli altri, pacchetti assicurativi a prezzi vantaggiosi. Il Massachusetts ha pure esteso il diritto alla mutua gratuita statale, ma non ha creato un’assicurazione pubblica in concorrenza con quelle private. Non prevede insomma la cosiddetta «public option» che l’amministrazione Obama sta riconsiderando, dopo aver subito l’accusa di voler distruggere il mercato privato della sanità.
Il risultato è che in tre anni 440 mila abitanti di Boston e regione hanno ottenuto una copertura sanitaria. La percentuale dei non assicurati nello stato è passata dal 7 per cento a poco più del 2 (sono il 15 per cento a livello nazionale). «Ora tutta questa gente può andare dal medico» si compiace Matt Fishman, vicepresidente della Partners Healthcare, la più grande rete di cliniche e ambulatori del Massachusetts. «È stato un successo».
Non tutti sono d’accordo. Anche in questa roccaforte del Partito democratico nel nord-est c’è chi condivide la reazione scandalizzata, su blog e talk-show repubblicani ma anche di moderati democratici, all’idea di costringere milioni di persone a procurarsi un’assicurazione per poterla fornire, a costi più bassi, a chi non potrebbe permettersela. Tra loro c’è Christina Heies, bancaria di Boston: «La legge è stata concepita per costringere lavoratori giovani e sani come me a comprare pacchetti di cui non hanno bisogno» spiega. «Lo scopo non è far stare meglio la gente, ma regalare clienti alle assicurazioni, che possono continuare a vendere polizze che non rimborsano quasi nulla in caso di emergenza».
Avere mantenuto il sistema essenzialmente privato ha permesso alla riforma del Massachusetts di andare in porto senza logoranti attriti con le assicurazioni, che da mesi fanno lobby a Washington contro la nascita di un pilastro assicurativo pubblico.
Però scontento è anche chi prima riceveva cure e medicine gratis e adesso le deve pagare, seppur poco. Alvaro Espinoza, sessantenne con diabete e ipertensione, è passato da 0 a 77 dollari al mese per potersi curare e ha confidato ai medici che il prossimo mese cancellerà il piano. «Molti che prima semplicemente andavano al pronto soccorso» spiega l’infermiera Morrow Rally «sono stati trasferiti sotto la competenza di Commonwealth Care che non copre del tutto i costi».
La carica di nuovi assicurati ha messo in luce per di più una seria carenza di medici generalisti. Risultato: molti pazienti si ritrovano in fila al pronto soccorso, come quando non avevano la copertura.
Kamela Christara ha la borreliosi di Lyme, un’infezione trasmessa dalle zecche, e non riesce a trovare un dottore che la segua: «Ogni volta devo ricominciare da capo al pronto soccorso. Anche per farmi scrivere una ricetta». Ma per Bill Walczak, direttore della Codman square house, la scarsità di medici di base è un vecchio problema «di tutto il paese. La riforma l’ha solo portato a galla».
Gli oppositori dell’«Obamacare» che guardano al Massachusetts per sostenere le loro critiche hanno dati più solidi cui aggrapparsi. Negli ultimi tre anni i tempi per le visite specialistiche e gli esami si sono allungati. Secondo uno studio della società di consulenza Merritt Hawkins and associates, Boston è la città con le attese più lunghe d’America, 49 giorni in media, seguita da Filadelfia con 27 e Los Angeles con 24.
Altro punto controverso sono i costi della riforma, che sono più alti del previsto o relativamente modesti a seconda di chi li legge. Gli amministratori del Boston Medical Center sono convinti che il nuovo sistema li farà fallire. L’ospedale pubblico chiuderà il 2009 in rosso, per la prima volta in cinque anni, con un deficit di 38 milioni di dollari, e ha fatto causa allo stato accusandolo di non rimborsare adeguatamente le cure offerte ai poveri e agli anziani. Il motivo? Il costo dell’assicurazione allargata impedisce alle casse pubbliche di versare di più.
Altri sostengono che avvicinarsi alla copertura universale ha portato a un aumento tutto sommato contenuto del budget per la sanità, salito da 1 miliardo di dollari nel 2006 a uno stimato 1,8 miliardi nel 2010, su una finanziaria statale di 27 miliardi, e caldeggiano un’estensione nazionale dell’esperimento, soprattutto per quanto riguarda il ruolo del governo.
«Mantiene accessibili i prezzi delle assicurazioni, ma non compete direttamente con loro» sostiene Fishman, della Partners Healthcare, «sovvenziona la copertura sanitaria ma non la regala. Incentiva i datori di lavoro a fornire l’assicurazione sanitaria ma non li costringe». Se è andata bene sia al senatore del Massachusetts e icona liberal Ted Kennedy (scomparso martedì 25 agosto a causa di un cancro) sia al conservatore Romney, insomma, può essere digerita anche dalle fazioni opposte del Congresso.
I testimonial più convincenti della riforma sono gli abitanti dello stato che, pur giudicando il nuovo sistema imperfetto, non farebbero marcia indietro. Due su tre, secondo un sondaggio della Harvard School of public health, sono soddisfatti della loro sanità. Tra loro Thomas Carly, che non aveva assicurazione nel 2007, quando si accasciò con le mani al petto: infarto. Le figlie lo portarono al pronto soccorso e, mentre i medici lo stabilizzavano, compilarono i moduli del Commonwealth Care. Carly era terrorizzato all’idea di ricevere il conto dell’ospedale. Invece le cure gli sono costate 500 dollari. E oggi con 90 al mese può prendere le medicine per prevenire un altro attacco. «Mi sembra ancora di vedere le mie figlie in ospedale» ricorda «pensavano che non ce l’avrei fatta. Invece sono qui, e mi posso curare».
il sonno della ragione genera mostri
caro m'è il sonno, e il più l'esser di sasso
mentre che 'l danno e la vergogna dura
Non veder, non sentir m'è gran ventura.
però non mi destar; deh, parla basso!
Ne plurimi valeant plurimum (Cicero)