Su "The New England Journal of Medicine" gli importanti risultati di una ricerca italiana condotta da tre atenei, tra cui l'Università Politecnica delle Marche
L'autorevole rivista medica, The New England Journal of Medicine, nel numero del 22 giugno pubblica i risultati di una ricerca condotta da gruppi dell'Università Politecnica delle Marche, dell'Università Federico II di Napoli e dell'Università di Torino, che chiariscono i meccanismi responsabili della sclerodermia, una delle più enigmatiche e devastanti malattie autoimmuni, ponendo in tal modo le basi per una diagnosi precoce e a una terapia curativa.
La sclerodermia è una malattia relativamente rara, subdola, che inizia con disturbi circolatori alle dita delle mani. Queste, con il freddo, diventano prima bianche, per il ridotto flusso di sangue, e quindi cianotiche e rosse. In un tempo variabile da poche settimane ad anni, a questi disturbi si associa un progressivo indurimento della cute, a seguito di una incontrollata e generalizzata produzione da parte di particolari cellule, i fibroblasti, di collageno, una sostanza inerte normalmente prodotta solo per la riparazione delle ferite. La cute diventa in tal modo di consistenza simile al cuoio, si ulcera facilmente, e alterando la fisionomia del paziente si rende responsabile di gravi ripercussioni psicologiche. Il collageno si accumula però anche a carico degli organi viscerali come rene, polmone, cuore e tubo digerente che, sostituiti nel loro tessuto nobile da questa nuova proteina, vanno incontro a una irreversibile perdita delle loro normali funzioni. Il decesso può realizzarsi per complicanze legate alla disfunzione di uno o più organi. La mancata comprensione del perchè i fibroblasti improvvisamente impazziscano e comincino a produrre in maniera esasperata collageno ha impedito finora lo sviluppo di test per una diagnosi precoce e la messa a punto di terapie in grado di guarire o quanto meno rallentare la malattia.
La ricerca, coordinata dal professor Armando Gabrielli dell'Università Politecnica delle Marche, dal professor Enrico Avvedimento dell'Università Federico II di Napoli e dalla professoressa Ada Funaro dell'Università di Torino, con il supporto finanziario della Società Italiana di Reumatologia, dell'Associazione Italiana per la lotta alla Sclerodermia (AILS), dell'AIRC e del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica, ha permesso ora di individuare sia il colpevole che la dinamica molecolare che trasforma i fibroblasti da cellule quiescenti in cellule iperattivate che, producendo esagerate quantità di collageno, determinano le manifestazioni tipiche della sclerodermia.
"Uno dei meccanismi che regolano la vita delle cellule - fa osservare il professor Gabrielli - è costituito da una struttura (indicata con il termine di recettore) presente alla superficie cellulare e fisiologicamente stimolata da una sostanza nota come platelet-derived growth factor o PDGF. Il recettore funziona un po' come una serratura e il PDGF come una chiave. In condizioni normali l'interazione tra recettore e PDGF si realizza solo in determinate condizioni di necessità (per esempio quando è necessario guarire le ferite), e per un tempo limitato. Nei pazienti con sclerodermia - conclude il professor Gabrielli - un anticorpo, assente nei soggetti normali, si sostituisce al PDGF, interagisce con il recettore, lo mantiene attivato per un tempo doppio del normale, e attraverso lo scatenamento di un complesso meccanismo intracelluare, che coinvolge tra l'altro la produzione di radicali liberi dell'ossigeno, porta alla produzione di collageno e quindi alla malattia".
Fonte: www.ails.it/ultime-notizie/scoperta....html?Itemid=97