00 16/09/2006 19:56


"L'Abate Notker Wolf, Primate dei Benedettini Confederati, ha detto che il Papa ha usato il dialogo di Manuele con un persiano per fare un riferimento indiretto al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Wolf, che e' uno dei commentatori della visita del Papa per la Televisione Bavarese, ha detto che il riferimento a un persiano "era una chiara allusione ad Ahmadinejad" e che il leader iraniano quest'anno "aveva spedito lettere arroganti" al presidente Bush e al cancelliere tedesco Angela Merkel sollecitando uno scambio di opinioni.
"Ho sentito che ha intenzione di scrivere una lettera al Papa" ha aggiunto Wolf "Penso che potrebbe essere una buona occasione per raccogliere, per cosi' dire, la sfida e discutere veramente la questione".
(tratto da: "Pope Invites Muslims to Dialogue", By Philip Pullella and Madeline Chambers, Reuters, Tuesday, September 12, 2006; 2:12 PM)


(cfr.il testo originale:
"Abbot Notker Wolf, head of the worldwide Benedictine order, said the Pope used Manuel's dialogue with a Persian to make an indirect reference to Iranian President Mahmoud Ahmadinejad.
Wolf, a commentator on Bavarian television for the Pope's visit, said the reference to a Persian "was a blatant allusion to Ahmadinejad" and said the Iranian leader had sent "arrogant letters" this year to President Bush and German Chancellor Angela Merkel urging a dialogue.
"I have heard he plans to write a letter to the Pope," Wolf added. "I think this would be a good opportunity to take up the gauntlet, so to speak, and really discuss things.")
www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/09/12/AR2006091200...




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STRALCIO DAL
Discorso di Benedetto XVI all'Università di Ratisbona. Testo integrale. 12 settembre 2006.
PUBBLICATO DA:
www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=94879


"... Tutto ciò mi tornò in mente, quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Fu poi probabilmente l'imperatore stesso ad annotare, durante l'assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402, questo dialogo; si spiega così perché i suoi ragionamenti siano riportati in modo molto più dettagliato che non le risposte dell'erudito persiano. Il dialogo si estende su tutto l'ambito delle strutture della fede contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull'immagine di Dio e dell'uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le "tre Leggi": Antico Testamento – Nuovo Testamento – Corano. Vorrei toccare in questa lezione solo un argomento – piuttosto marginale nella struttura del dialogo – che, nel contesto del tema "fede e ragione", mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema.

Nel settimo colloquio (d???e??? – controversia) edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihad (guerra santa). Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". È una delle sure del periodo iniziale in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il "Libro" e gli "increduli", egli, in modo sorprendentemente brusco, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione (s?'? ????) è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…".

L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazn si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria... "




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zenit.org/italian/

Data pubblicazione: 2006-09-16

Dichiarazione del Cardinal Bertone sulle reazioni islamiche

Al discorso pronunciato da Benedetto XVI a Ratisbona

CITTÀ DEL VATICANO, sabato, 16 settembre 2006 (ZENIT.org).- Di fronte alle reazioni da parte musulmana circa alcuni passi del discorso del Santo Padre Benedetto XVI all’Università di Regensburg, ai chiarimenti e alle precisazioni già offerti tramite il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha aggiunto questa dichiarazione.


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- La posizione del Papa sull’Islam è inequivocabilmente quella espressa dal documento conciliare Nostra Aetate: "La Chiesa guarda con stima i musulmani, che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano anche di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti nascosti di Dio, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano però come profeta; onorano la sua madre vergine Maria e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio ricompenserà tutti gli uomini risuscitati. Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno" (n. 3).

- L’opzione del Papa in favore del dialogo interreligioso e interculturale è altrettanto inequivocabile. Nell’incontro con i rappresentanti di alcune comunità musulmane a Colonia, il 20 agosto 2005, Egli ha detto che tale dialogo fra cristiani e musulmani "non può ridursi a una scelta stagionale", aggiungendo: "Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro".

- Quanto al giudizio dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, da Lui riportato nel discorso di Regensburg, il Santo Padre non ha inteso né intende assolutamente farlo proprio, ma lo ha soltanto utilizzato come occasione per svolgere, in un contesto accademico e secondo quanto risulta da una completa e attenta lettura del testo, alcune riflessioni sul tema del rapporto tra religione e violenza in genere e concludere con un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza, da qualunque parte essa provenga. Vale la pena di richiamare al riguardo quanto lo stesso Benedetto XVI ha recentemente affermato nel Messaggio commemorativo del XX anniversario dell’incontro interreligioso di preghiera per la pace voluto dal Suo amato predecessore Giovanni Paolo II ad Assisi nell’ottobre del 1986: " … le manifestazioni di violenza non possono attribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiti culturali con cui essa viene vissuta e si sviluppa nel tempo … Di fatto, testimonianze dell’intimo legame esistente tra il rapporto con Dio e l’etica dell’amore si registrano in tutte le grandi tradizioni religiose".

- Il Santo Padre è pertanto vivamente dispiaciuto che alcuni passi del Suo discorso abbiano potuto suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani e siano stati interpretati in modo del tutto non corrispondente alle sue intenzioni. D’altra parte, Egli, di fronte alla fervente religiosità dei credenti musulmani, ha ammonito la cultura occidentale secolarizzata perché eviti "il disprezzo di Dio e il cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà".

- Nel ribadire il Suo rispetto e la Sua stima per coloro che professano l’Islam, Egli si augura che siano aiutati a comprendere nel loro giusto senso le Sue parole, affinché, superato presto questo momento non facile, si rafforzi la testimonianza all’"unico Dio, vivente e sussistente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini" e la collaborazione per "difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (Nostra Aetate, n. 3)".




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Data pubblicazione: 2006-09-13

Il portavoce vaticano analizza il discorso del Papa su islam e scienza

Intervista a padre Federico Lombardi, S.I.

RATISBONA, mercoledì, 13 settembre 2006 (ZENIT.org).- Il discorso pronunciato questo martedì da Benedetto XVI nella Università di Ratisbona e indirizzato al mondo della scienza ha suscitato una vasta eco nei media di tutto il mondo.

In particolare, sono state avanzate differenti interpretazioni dei suoi riferimenti al dialogo con l’islam e alla complementarietà tra fede e ragione.

In una intervista concessa a “Radio Vaticana” padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa vaticana, ha chiarito quanto affermato dal Santo Padre.

Cosa ha detto il Papa?

Padre Lombardi: Certamente, il Papa ha fatto una vera e forte lezione accademica: ma è una lezione accademica di un Papa, e di un Papa teologo. Egli ha difeso con coraggio e chiarezza l’armonia tra la fede e la ragione, anzi, la necessità vicendevole della fede e della ragione, proprio per il bene dell’umanità di oggi: una idea di ragione ridotta semplicemente ai criteri delle scienze naturali o del positivismo non può rispondere alle grandi necessità dell’uomo di oggi, ai grandi interrogativi che rimangono sempre fondamentali per l’umanità: il “da dove veniamo”, “dove andiamo”, come dominare la potenza della tecnica che sta crescendo nelle nostre mani. Ecco, ci vuole un’idea di ragione ampia, in cui anche il contributo della fede, il dialogo tra la fede e la ragione, abbiano un posto essenziale.

Citando un discorso su islam e cristianesimo dell’imperatore bizantino Emanuele II Paleologo, il Papa ha rimarcato che la violenza è in contrasto con la natura di Dio e dell’anima. Possiamo approfondire questo passaggio?

Padre Lombardi: Direi che certamente è un punto di partenza importante di questo discorso, ma non è la meta del discorso. E’, in un certo senso, quasi un esempio, quello del problema della religione e della violenza, a partire dal quale il Papa dimostra la necessità della ragione sia per lo sviluppo retto della teologia, sia per una adeguata idea di Dio. Ma non è che la meta del discorso fosse affrontare il problema dell’uso violento della religione. Questo – mi sembra – è un esempio, sia pure importante, per muovere su un discorso di carattere molto più ampio che è appunto quello del rapporto tra la fede e la ragione, dell’importanza della teologia, della dignità della teologia come scienza, del suo diritto e della sua necessità nell’universitas del sapere.

In questo senso, il Papa ha parlato anche di dialogo tra culture e religioni…

Padre Lombardi: Esattamente. Il Papa mette chiaramente in rilievo come proprio questa visione più ampia della ragione, che tiene conto anche della dimensione religiosa del rapporto con Dio e della tradizione della fede, sia essenziale per renderci capaci di incontrarci, di dialogare con le altre religioni. Invece, una cultura che emargina la dimensione religiosa dalla dignità di sapere non è capace di incontrare le altre grandi culture in cui la dimensione religiosa è essenziale.

Nel tema del dialogo tra le religioni e del dialogo tra religione e fede, l’ultimo invito di Benedetto XVI è stato quello ad aprirsi: il coraggio di aprirsi all’ampiezza della religione, cioè di una fede che abbracci quindi anche la ragione…

Padre Lombardi: Sì, il coraggio dell’ampiezza della ragione, certo. La ragione, appunto, che non va limitata in nessun modo a dei criteri puramente matematico-scientifici o sperimentali: per quanto questi siano essenziali, non ti danno l’ampiezza di tutta la realtà e di tutta la realtà umana, della realtà in senso ampio. Bisogna considerare “ragione” anche l’attività che riflette metodicamente, profondamente e seriamente sulle grandi domande dell’uomo, e dunque: da dove viene, dove va e qual è il suo rapporto con Dio.

Attraverso la televisione, abbiamo notato una grande attenzione da parte del consesso degli scienziati, un grande apprezzamento. E’ stato realmente così?

Padre Lombardi: Certamente. E’ stata anche una prova della grandissima qualità intellettuale e culturale dell’insegnamento del Papa, che si è dimostrato una personalità di altissimo livello nella cultura, con la sua capacità di affrontare temi molto impegnativi con grande chiarezza e grande capacità di sintesi. In questo discorso, noi abbiamo veramente percorso un po’ la storia del rapporto tra ragione e fede: dall’Antico Testamento al rapporto tra la razionalità greca e la cultura biblica - sia nell’Antico Testamento, e ancora, la Traduzione dei Settanta, sia poi nel Nuovo Testamento… E poi, in un certo senso, abbiamo percorso anche la storia della teologia, dai Padri alla Riforma, a Kant, al tempo moderno… Davvero, nel giro di poche decine di minuti il Papa ha saputo darci una grandissima panoramica di storia della cultura e di storia della cultura teologica, riportandola all’attualità. Con dei riferimenti molto concreti: per esempio, alle radici cristiane dell’Europa, alla cultura europea e alla missione che la cultura europea dovrebbe continuare a svolgere.




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Data pubblicazione: 2006-09-15

Il Vaticano spiega le interpretazioni delle parole del Papa sull’islam


CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 15 settembre 2006 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la dichiarazione consegnata ai giornalisti questo giovedì pomeriggio dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, S.J., sulle interpretazioni di alcuni brani del discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato all’Università di Ratisbona.


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A proposito delle reazioni di esponenti musulmani circa alcuni passi del discorso del Santo Padre all’Università di Regensburg, è opportuno rilevare che – come risulta da una attenta lettura del testo – ciò che sta a cuore al Santo Padre è un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza.

Non era certo nelle intenzioni del Santo Padre svolgere uno studio approfondito sulla jihad e sul pensiero musulmano in merito, e tanto meno offendere la sensibilità dei credenti musulmani.

Anzi, nei discorsi del Santo Padre appare chiaramente il monito, rivolto alla cultura occidentale, perché si eviti "il disprezzo di Dio e il cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà" (discorso del 10.9), la giusta considerazione della dimensione religiosa è infatti premessa essenziale per un fruttuoso dialogo con le grandi culture e religioni del mondo. Proprio nelle conclusioni del discorso all’Università di Regensburg, Benedetto XVI ha affermato: "Le culture profondamente religiose del mondo vedono proprio nella esclusione del divino dall’universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più intime. Una ragione che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture".

È chiara quindi la volontà del Santo Padre di coltivare un atteggiamento di rispetto e di dialogo verso le altre religioni e culture, evidentemente anche verso l’islam.




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THE NEW YORK TIMES
Editorial
The Pope’s Words
Published: September 16, 2006

There is more than enough religious anger in the world. So it is particularly disturbing that Pope Benedict XVI has insulted Muslims, quoting a 14th-century description of Islam as “evil and inhuman.”

In the most provocative part of a speech this week on “faith and reason,” the pontiff recounted a conversation between an “erudite” Byzantine Christian emperor and a “learned” Muslim Persian circa 1391. The pope quoted the emperor saying, “Show me just what Muhammad brought that was new, and there you will find things only evil and inhuman, such as his command to spread by the sword the faith he preached.”

Muslim leaders the world over have demanded apologies and threatened to recall their ambassadors from the Vatican, warning that the pope’s words dangerously reinforce a false and biased view of Islam. For many Muslims, holy war — jihad — is a spiritual struggle, and not a call to violence. And they denounce its perversion by extremists, who use jihad to justify murder and terrorism.

The Vatican issued a statement saying that Benedict meant no offense and in fact desired dialogue. But this is not the first time the pope has fomented discord between Christians and Muslims.

In 2004 when he was still the Vatican’s top theologian, he spoke out against Turkey’s joining the European Union, because Turkey, as a Muslim country was “in permanent contrast to Europe.”

A doctrinal conservative, his greatest fear appears to be the loss of a uniform Catholic identity, not exactly the best jumping-off point for tolerance or interfaith dialogue.

The world listens carefully to the words of any pope. And it is tragic and dangerous when one sows pain, either deliberately or carelessly. He needs to offer a deep and persuasive apology, demonstrating that words can also heal.




INES TABUSSO