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IL FOGLIO
6 aprile 2006

RADIO CARCERE
a cura di Riccardo Arena


Pecorella (FI)
La riduzione dei termini di
prescrizione costringerà finalmente
i giudici a essere più veloci

Sempre più spesso assolti i colpevoli e
condannati gli innocenti. I tempi del
processo penale, biblici. Regna la prescrizione.
Quale rimedio? “Il programma
per la giustizia della Casa delle libertà,
nasce dalle cose. Cinque anni di governo
hanno segnato la strada da percorrere.
Non sono mancate le riforme per accelerare
i tempi del processo, sia penale che
civile. Per quest’ultimo le nuove regole
garantiscono la concentrazione delle
udienze e perciò la contrazione dei tempi.
La riduzione dei termini della prescrizione,
in penale, costringerà i magistrati a
ritmi più celeri. Già si sono semplificate
le notifiche. Già si è allargato il patteggiamento.
Tuttavia, la ragionevole durata resta
un obiettivo primario: per garantirla,
è necessario modernizzare le strutture, intervenire
sull’attuale disciplina delle nullità,
allargare ulteriormente il patteggiamento,
applicare già in sede di cognizione
le sanzioni alternative o sostitutive, estendere
i casi di procedibilità a querela, prevedere
la motivazione della sentenza in
forma abbreviata. Si dovrà distinguere il
ruolo della polizia giudiziaria, che è quello
di indagare, dalle funzioni del pm che
sono quelle di esercitare l’azione penale.
Si avrà una maggiore rapidità delle indagini.
L’errore giudiziario è sempre in agguato:
ma, per ridurre il rischio, la strada
è quella della formazione della prova, di
ogni prova nel contraddittorio delle parti
e davanti al giudice”. Un numero sterminato
di reati. Contenuti nel codice penale,
leggi e leggine. Un’unica pena. Il carcere.
C’è un futuro diverso? “Una priorità assoluta
è garantire la sicurezza sul territorio.
Per questo si prevede di aumentare il numero
dei poliziotti di quartiere e di intervenire
con immediatezza sui fatti di microcriminalità
istituendo magistrati a
tempo pieno per le direttissime. E’ certo,
che la ideologia del carcere come unica
sanzione deve ritenersi superata. Il codice
penale dovrà ispirarsi ad un nuovo sistema
sanzionatorio per i reati meno gravi,
e cioè ad una nuova tipologia di pene
diverse dal carcere, conservando pene severe
solo per reati più gravi. La sanzione
alternativa dovrà avere natura tale da essere
un efficace mezzo di rieducazione: ad
esempio, chi ha provocato gravi lesioni in
un incidente stradale, dovrà assistere soggetti
rimasti invalidi in analoghe circostanze.
Se non ottempera, ovviamente subirà
la pena del carcere”. Giudici e avvocati,
non godono più di nessuna stima. Il
termine giustizia è ormai un miraggio. Come
recuperare la fiducia persa?
Avvocati in sovrannumero
“Gli avvocati sono troppi. La selezione
dovrebbe iniziare a livello universitario,
con una scuola di specializzazione post
laurea che abiliti a partecipare al concorso.
Si dovrebbe prevedere anche una prova
pratica di preparazione e conduzione
di un processo (naturalmente simulato).
La credibilità della magistratura dovrebbe
aumentare con la meritocrazia e con il
codice deontologico, introdotti dal nuovo
ordinamento giudiziario. Ma la riforma è
incompiuta. Dovrà attuarsi una piena e
definitiva separazione delle carriere tra
giudici e pm anche prevedendo due Csm.
Uno dei nodi ancora irrisolti è quello del
procedimento disciplinare visto che la
sua natura ‘domestica’ non sempre garantisce
i diritti dei cittadini. Si propone,
un’autorità indipendente composta da
magistrati, avvocati e professori universitari”.
La pubblicazione degli atti d’indagine.
Le intercettazioni. Il processo sui
media. Una patologia da rimuovere. Come?
“La risposta può essere semplice.
Anzitutto deve limitarsi la tipologia di
reati per i quali siano consentite le intercettazioni.
Si dovranno prevedere sanzioni
interdittive per i giornalisti che le pubblicano,
e penali per coloro che le forniscono.
Al momento del deposito il giudice
dovrà convocare le parti e, in contradditorio,
cancellare le intercettazioni che
non sono rilevanti per il processo”. Il carcere.
Luogo che non rieduca. Umilia. Le
celle scoppiano. Una tragedia dal continuo
peggioramento. Che fare? “Per una
profonda trasformazione della situazione
carceraria, si dovrà non solo ammodernare
gli istituti penitenziari esistenti e
crearne dei nuovi, ma anche differenziare
le aree di detenzione a seconda della
età, della recidiva o della pericolosità. Il
carcere deve restare l’ultima ratio, a cui
destinare gli autori di gravi reati. Bisogna
incentivare il lavoro esterno, sotto il controllo
del personale carcerario. E’ urgente
la riforma della polizia penitenziaria:
come corpo specializzato richiede una
suo autonoma dirigenza”. Il dramma delle
detenute con figli di età inferiore ai tre
anni. Che fare?
“Salvo che per soggetti particolarmente
pericolosi il solo trattamento che rispetti
il bambino è quello della detenzione
domiciliare. In ogni caso devono prevedersi
luoghi di detenzione che, pur garantendo
la sicurezza, abbiano tutte le caratteristiche
di un domicilio”.
Gaetano Pecorella




Finocchiaro (Ds)
La legge Pecorella non va bene.
La Cassazione deve essere giudice
di legittimità e non va ingolfata

Sempre più spesso assolti i colpevoli e
condannati gli innocenti. I tempi del
processo penale biblici. Regna la prescrizione.
Quale rimedio? “La prima affermazione
mi pare francamente sbagliata. Vero
è, invece, che i tempi del processo penale
sono inaccettabili, che per questa ragione
molti reati restano prescritti. Alcuni rimedi
possono essere adottati subito. Mi riferisco,
ad esempio, alla necessità di riformare
il sistema delle notificazioni, di introdurre
la figura del sostituto processuale;
penso alla necessità di prevedere la sospensione
dei processi e della prescrizione
per i casi di irreperibilità dell’imputato,
di restituire alla Cassazione il ruolo di
giudice di legittimità piuttosto che ingolfarla
di giudizi di merito come è accaduto
con la cosiddetta legge Pecorella. Necessario,
per l’intanto completare l’opera di
informatizzazione degli uffici giudiziari e
stanziare risorse per rendere nuovamente
utilizzabili strumenti essenziali come la
stenotipia, la disponibilità di personale
d’udienza oltre le ore tredici. Vorrei aggiungere
ancora che la ragionevole durata
dei processi è precondizione necessaria
perché il processo sia ‘giusto’, sia possibile
cioè celebrarlo così come prescrive l’art.
111 della Costituzione, nell’oralità, nel contraddittorio
e nella concentrazione delle udienze”.
Introduciamo sanzioni alternative
La pubblicazione degli atti d’indagine.
Le intercettazioni. Il processo sui media.
Una patologia da rimuovere. Come? “Non
è restringendo la possibilità di procedere
ad intercettazione telefonica che si riduce
la diffusione delle conversazioni registrate.
Né si può stabilire, facendo riferimento
in astratto a titoli di reato, se l’intercettazione
telefonica risulterà o meno essenziale
per quell’indagine. La pubblicazione di
atti coperti dal segreto istruttorio è un reato,
che certo si può punire più severamente.
Ma il punto è che fino a quando qualcuno
‘pagherà’ per avere quelle conversazioni,
la violazione del segreto ci sarà. Con
buona pace di ogni filippica sul garantismo.
Gli organi di stampa potrebbero offrire
un enorme contributo per stroncare
questo fenomeno”. Un numero sterminato
di reati. Contenuti nel codice penale, leggi
e leggine. Un’unica pena. Il carcere. C’è un
futuro diverso? “Un futuro diverso sta nel
costruire un sistema che non sia tanto centrato
sulla sanzione penale. Peraltro lo
strumento penale è inadatto, per la sua rigidità,
a regolare in via esclusiva una serie
di ambiti. Faccio un esempio: l’avviso di
garanzia notificato all’amministratore delegato
di una società quotata in borsa ha,
nel momento in cui se ne diffonde l’esistenza,
l’effetto immediato di fare crollare
il titolo in borsa, danneggiare i risparmiatori,
allarmare banche, creditori e fornitori,
e questo a prescindere da quello che sia
l’esito delle indagini. Per questo il problema
non è ridurre a contravvenzione il falso
in bilancio, che va considerato invece
reato molto grave. Il punto è invece pensare
ad un sistema di regolazione che intercetti
prima l’eventuale violazione e lasciare
l’intervento penale come ultima risposta
quando gli altri sistemi di controllo non
abbiano funzionato. Ridurre l’ambito di intervento
del penale investendo su altri
strumenti di controllo e regolazione, riformare
il codice penale riordinando gerarchicamente
valori da tutelare, sono, a mio
avviso, le linee dell’intervento necessario.
Insieme a questo è essenziale introdurre
sanzioni alternative al carcere, che è di fatto
l’unica pena proposta dall’ordinamento”.
Giudici e avvocati, non godono più di
nessuna stima. Il termine giustizia è ormai
un miraggio. Come recuperare la fiducia
persa? “Occorre lavorare strenuamente
sul controllo di professionalità e di deontologia
sia di avvocati che di magistrati. Voglio
dire non solo i magistrati ma anche gli
avvocati devono entrare a pieno titolo nel
‘patto per la Giustizia’ e fino ad ora questo
non è stato fatto”.
Il carcere. Luogo che non rieduca. Umilia.
Le celle scoppiano. Una tragedia dal
continuo peggioramento. Che fare?
“Sanzioni alternative, circuiti differenziati
per condannati e soggetti in custodia
cautelare, rilancio delle politiche di rieducazione
e risocializzazione con l’aumento
dell’organico degli educatori, possibilità
di lavoro studio e formazione in carcere,
inserimento di mediatori culturali, definitiva
regolamentazione delle competenze in
materia di diritto alla salute. Queste mi
sembrano le prime, essenziali misure”. Il
dramma delle detenute con figli di età inferiore
ai tre anni. Che fare? “Anche sulla
base di collaborazioni Stato-enti locali,
provvedere alla predisposizione (nel più
breve tempo possibile) di alloggi protetti
che consentano l’applicazione della legge
sulle detenute con figli minori. Si tratta di
materia che, affrontata in questa legislatura,
si è arenata per indisponibilità del governo
a fornire copertura finanziaria per
la predisposizione di una cinquantina di
alloggi, questa essendo la media annua dei
bambini detenuti


INES TABUSSO