00 04/09/2005 18:25

CURIOSO, EH? MENSURATI, PER LA PADANIA, E' DIVENTATO CENSURATI:

www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=46430,1,1

"Per tali vicende - si legge nella relazione - si provvedeva ad aprire un
procedimento a carico di ignoti e un procedimento a carico dei giornalisti
Luigi Ferrarella, Marco Censurati, Ferruccio Sansa, Ettore Livini ed Oriana
Liso»".




LA PADANIA
3 SETTEMBRE 2005

«Mettiamo fine alla gogna mediatica»
Il Guardasigilli Castelli ha presentato una relazione sulle intercettazioni
al Consiglio dei ministri
TONI MIRABILE

Un milione 500 mila persone ogni anno vengono ascoltate. E «se consideriamo
che la qualità degli intercettati, che sono da un lato grandi criminali,
ma dall?altra spesso persone appartenenti alla classe dirigente italiana,
non sbagliamo se ipotizziamo che una consistente parte di essa, classe politica
compresa, viene sia pure parzialmente intercettata».
È un passo della relazione sulle intercettazioni telefoniche che il titolare
del dicastero della Giustizia Roberto Castelli ha presentato ieri al Consiglio
dei ministri. Classe dirigente e politica, dunque, nel «mirino» della magistratura,
a cui si aggiungono gli inquietanti propositi di «qualcuno che ha deciso
di far sapere, per motivi che possiamo soltanto ipotizzare», si legge nel
documento con riferimento alle pubblicazioni delle intercettazioni da parte
di alcuni organi di stampa. Il ministro ha detto che dall?avviso di garanzia,
«che non ha più impatto sull?opinione pubblica, si è passati ad un altro
strumento che è quello della divulgazione delle intercettazioni, coperte
dal segreto istruttorio da passare a giornalisti complici». Castelli fa riferimento
a un «periodo tormentato» in cui l?avviso di garanzia era diventato «se usato
strumentalmente lo strumento principe per squalificare presso l?opinione
pubblica il soggetto che si voleva colpire». Il meccanismo della diffusione
delle intercettazioni, ha spiegato il ministro, «è assai più efficace dal
punto di vista mediatico perché si presta a due livelli di strumentalizzazione:
il primo è quello posto in essere dalla fonte che passa spezzoni che gli
interessano e cela quelli che ritiene opportuno non divulgare. Il secondo
livello è quello posto in essere dal giornale che a sua volta decide cosa
pubblicare e cosa no».
«Il pericolo è quello di assistere ancora una volta alla supplenza del potere
politico da parte di altri poteri presenti nel Paese. La magistratura, la
stampa, poteri economico finanziari ben identificati e dulcis in fundo comici
aspiranti maitres a penser». Per quanto riguarda l?impunità dei colpevoli
di diffusione di notizie coperte da segreto giudiziario, il Guardasigilli
ha fatto notare che «i giornalisti non possono essere perseguibili se non
viene individuato il pubblico ufficiale che ha commesso l?atto di trasmissione
del materiale coperto dal segreto» e che nei fatti «non viene quasi mai individuato».
Nel caso della vicenda di Bankitalia «con prassi discrezionale e alquanto
rara, tutti gli atti sono stati depositati, facendoli uscire dal segreto
istruttorio». Ciò ha innescato un «sommario processo mediatico non solo nazionale
ma internazionale» e spinto un «noto settimanale economico straniero a pronunciare
la sentenza inappellabile: Fazio go home». Questo caso, argomenta Castelli,
dimostra che «non è vero che la giustizia italiana è lenta. In due mesi si
sono consumate le indagini, il processo, la condanna in primo grado e la
condanna in secondo grado. Tutto a fronte del fatto che il governatore non
risultava nei indagato, né colpito da provvedimento di intercettazione».
Il ministro ha anche sottolineato: «Qualunque decisione prenda il Cdm in
materia, essa non potrà non apparire dettata da quanto si è appreso dai media.
E ciò che si è appreso dai media, lo ribadisco, è frutto non di atti dovuti,
assunti ope legis, ma di ben precise scelte che sono andate a condizionare
assetti finanziari decisivi per il Paese». Castelli ritiene necessaria «una
pausa di riflessione che mostri al Paese che il Governo non cade nella trappola
dei processi mediatici». E ha ricordato due sentenze: quella che il 9 agosto
scorso ha riconosciuto alla Banca d?Italia di aver «correttamente operato»
e quella del mercato internazionale - «giudice assolutamente indipendente
e super partes: non vi è stato alcun contraccolpo sui mercati finanziari
relativamente a questa vicenda». Una relazione, quella del ministro Castelli,
che fotografa una realtà sconosciuta, ma di grande impatto sulla quotidianità
dei cittadini. Il ministro ha parlato di una «esplosione di bersagli» verificatasi
tra il 2001 e il 2004, che sembrano attestarsi oltre le 100 mila utenze l?anno.
E, oltre ai casi di violazione della privacy che vi si possono configurare,
dalla relazione emerge anche un altro dato non meno importante visto il periodo
di stagnazione economica: il costo unitario medio per ogni intercettazione
è stata valutato intorno ai 2 euro e 85 centesimi.
Nella parte della relazione in cui si è dedicato ampio spazio al capitolo
«economico» nell?impiego dello strumento di indagine delle intercettazioni
telefoniche, Castelli ha rivendicato una serie di interventi compiuti per
una riduzione dei costi e ribadendo la volontà di proseguire in questa direzione,
tenendo conto che le spese per le intercettazioni telefoniche «incidono per
oltre il 45%? sulle dotazioni di bilancio del ministero. Se nel 2001 gli
intercettati erano stati 32 mila con un costo unitario medio a 5.156, nel
2005 (proiezione) sono passati a 106.249».
Pio, ha rilevato il ministro, nei particolari casi che riguardano le intercettazioni
sugli «attori» dei casi Antonveneta, «la durata ha certamente superato i
quindici giorni previsti come tempo massimo stando alle norme di legge».
«Al riguardo deve rilevarsi che la stessa norma consente di prorogare tale
durata», si legge nella relazione, «per un tempo indefinito qualora permangano
i presupposti. Ma in tali casi è necessario un decreto motivato di proroga
da parte del Gip». Atti che non è stato possibile acquisire dal ministero,
ma che, continua Castelli «si presume che siano stati doverosamente emessi
nel procedimento di cui si tratta». Nella ricostruzione della vicenda sono
riportati ampi stralci del documento prodotto dal procuratore generale di
Milano, con allegata una relazione del procuratore della Repubblica di Milano,
dalla quale emerge che «in data 3 agosto 2005 è stato disposto dall?ufficio
Gip il deposito di tutti gli atti per i difensori degli indaga destinatari
dei provvedimenti cautelari indicati. In particolare -dichiarava il procuratore
generale di Milano - sono stati depositati anche i cd brogliacci di tutte
le intercettazioni telefoniche trasmesse al Gip su sua precisa richiesta».
A questo punto, tutti i documenti diventano di pubblico dominio e possono
anche essere resi noti a mezzo stampa. Ma, dalla relazione di Castelli, è
emerso che molti di queste intercettazioni non avevano nessun carattere di
importanza relativamente al processo penale, e che spesso si trattava di
colloqui anche privati. In particolare, per gli articoli pubblicati sul «Corriere
della Sera in data 29 luglio 2005 e in un articolo comparso su La Repubblica
in data 6 agosto 2005, venivano pubblicati brani di conversazioni tratte
da atti diversi ancora vincolati da segreto. Per tali vicende - si legge
nella relazione - si provvedeva ad aprire un procedimento a carico di ignoti
e un procedimento a carico dei giornalisti Luigi Ferrarella, Marco Censurati,
Ferruccio Sansa, Ettore Livini ed Oriana Liso».
Dure le osservazioni di Castelli «in ordine alla doverosa tutela delle esigenze
di riservatezza delle persone coinvolte in un?indagine penale». Sempre con
riferimento alla vicenda Antonveneta, le indagini di Pm e Gip di Milano «non
hanno provveduto a selezionare il materiale ricavato dalle intercettazioni,
ma hanno utilizzato tutti i dati ricavati dalle intercettazioni senza procedere
alla eliminazione, come previsto dal Codice di procedura penale, di quelli
manifestamente irrilevanti». L?aver depositato i brogliacci, afferma Castelli,
«senza la preventiva attività di selezione dei dati, ha costituito il logico
antecedente della violazione del diritto di riservatezza». Una condotta processuale,
ha continuato il ministro, «realmente rispettosa del diritto alla riservatezza
avrebbe dovuto articolarsi in modo diverso». Non ha nessun senso, secondo
Castelli, selezionare le registrazioni inutili ai fini del procedimento penale,
dopo che tutti gli atti sono stati depositati e resi pubblici.
Per questo, «in casi particolari, quando la irrilevanza investigativa dei
dati acquisiti emerge con assoluta chiarezza, la mancata ed ingiustificata
eliminazione degli stessi, disposta da un preciso dettato normativo, che
abbia in concreta causata una indebita violazione del diritto alla riservatezza,
può anche assumere in astratto una rilevanza disciplinare».
Nel caso in questione «pare non vi sia stata la doverosa attenzione alla
sfera privata della riservatezza» ma, si precisa nel documento, «per una
valutazione approfondita sotto il profilo disciplinare delle condotte dei
magistrati sarebbe necessario l?esame di tutti gli atti delle intercettazioni
svolte nel procedimento, in particolare per accertare se il giudice abbia
autorizzato il Pm a ritardare le procedure di deposito dei brogliacci, finalizzate
anche alla eliminazione dei dati irrilevanti, ma tale esame allo stato non
è praticabile, per la sussistenza ed opponibilità del segreto di indagine».
E a margine del Consiglio dei ministri, Castelli ha dichiarato che: «Libertà
di stampa non significa libertà di massacro e di calunnia, ma liberi di scrivere
quello che si vuole sempre nel rispetto delle prerogative di tutti i cittadini».
Ed ha aggiunto: «L?importante è stabilire sanzioni che siano veramente efficaci,
deterrenti nei confronti dei giornali che decidono a tavolino di fare campagne
di stampa contro questo o quel personaggio. Non si vuole perseguitare nessuno
ma si vuole difendere i cittadini che vedono violata la loro privacy in maniera
disdicevole». Il Guardasigilli, pur dicendosi disposto a rivedere la pena
di tre anni prevista per i giornalisti che pubblicano il contenuto di intercettazioni
telefoniche, ha detto che il provvedimento sulle intercettazioni che si sta
preparando contiene un «inasprimento delle pene» ma ha evitato di entrare
nei dettagli perchè la proposta potrebbe subire modifiche. Ha comunque, confermato
che il testo prevede la differenziazione delle pene previste «per il pubblico
ufficiale e chi pubblico ufficiale non è». «La gogna mediatica senza processo
e senza colpevoli dal punto di vista giudiziario deve finire», ha concluso
il ministro.
[Data pubblicazione: 03/09/2005]



INES TABUSSO