L'OMOSESSUALITA' UNA QUESTIONE GENETICA
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Introducendo il gene della mascolinità nel patrimonio di una femmina di
drosophila melanogaster, la sua inclinazione sessuale cambia. È quanto hanno
osservato alcuni ricercatori viennesi. Una scoperta marginale?
Mica tanto. Pensiamo, per esempio, che il corredo genetico di questo insetto
è molto simile a quello dell'uomo. Il moscerino dimostra che l'omosessualità
è una questione genetica
Con il corpo fremente usa le zampine anteriori per sfiorare con insistenza
la femmina immobile. L'eccitazione si propaga alle ali che, vibrando,
emettono la melodia d'amore. Infine inarca l'addome e la copula. E il
rituale, perfetto e codificato, con cui il moscerino maschio conquista la
femmina. Si dà il caso, però, che il seduttore di cui stiamo parlando sia
anch'esso una femmina con un gene che, nella sua specie, normalmente
posseggono solo i maschi: il «fruitless», responsabile dell'intero
protocollo del corteggiamento, compreso l'orientamento sessuale. Uno
scabroso caso di omosessualità animale? No, un' esperimento scientifico che
ha stupito gli stessi scienziati che l'hanno condotto e ha portato a
conclusioni impreviste e interessanti grazie alle quali ha conquistato la
copertina dell'ultimo numero dell'autorevole rivista scientifica Celi.
Lo studio, realizzato nei laboratori dell'Imba (Institute of molecular
biotechnology dell'Austian Academy of Sciences) di Vienna, ha individuato il
gene da cui dipendono scelte, atteggiamenti e gesti della sfera
erotico-sessuale della Drosophila melanogaster (il moscerino della frutta,
appunto). «Così come singoli geni controllano lo sviluppo e la morfologia
degli organi, abbiamo ipotizzato che potesse esserci un gene che controlla
lo sviluppo dei comportamenti innati», dice Barry J. Dickson, capo di uno
dei laboratori dell'Imba. «Il risultato più interessante? Per la prima volta
si è dimostrato che un comportamento per cui è necessaria una complessa
elaborazione nel cervello può essere determinato da un solo gene».
Una scoperta pionieristica che dimostra come nell'hardware genetico le
informazioni scritte non determinano solo la posizione e la forma dei
tessuti embrionali in modo da generare e sviluppare, per esempio, fegato o
milza. Ma contiene anche il messaggio di come gli organismi si comportano.
Nel caso del sesso dei moscerini, il comando arriverebbe appunto da una
particolare espressione di «fruitless» (Fru). Un gene complesso che si
esprime a livello neuronale, codificando più proteine. Alcune, in entrambi i
sessi, con il compito. ancora poco conosciuto, di sviluppare la formazione
del sistema nervoso. E una proteina specifica nei maschi (FruM),
responsabile del corteggiamento, prerogativa maschile. Un lungo rituale a
cui le femmine rispondono passivamente, limitandosi a giudicarlo e
degnandosi di concedere la penetrazione al maschio solo se l'esecuzione è
perfetta.
«Con diverse manipolazioni di FruM abbiamo modificato la sequenza genomica
di Fru, generando femmine che corteggiano altre femmine. maschi che
corteggiano altri maschi e femmine che corteggiano maschi», spiega Barry J.
Dickson, autore dello studio insieme a Ebru Demir, Duda Kvitsiani e Petra
Stockinger.
Una rivoluzione: non solo le femmine mutate e dotate di FruM si sono
«invaghite» di altre femmine ma alcuni cloni hanno persino rincorso
i maschi acquisendone lo stesso atteggiamento seduttivo e la medesima
aggressività durante la copula. «Conoscevano addirittura alla perfezione
ogni step del corteggiamento», continua Dickson. Mentre maschi mutati. che
avevano perso FruM, diventavano passivi, incapaci di corteggiare e per nulla
interessati alla copula.
«Con la mutazione di un solo gene cambiavano le performance del
corteggiamento ma l'aspetto morfologico restava lo stesso», dice Dickson.
Una scoperta incredibile da cui hanno dedotto che FruM non è un gene
qualsiasi ma un «master gene». L'iniziatore, cioè, di una serie di
attivazioni di geni diversi da cui dipende la messa in moto dell'intero
processo. In questo caso un comportamento complesso come quello sessuale.
Che è stato solo un punto di partenza, spiegano nei laboratori viennesi.
«Nel sesso della Drosophila le differenze tra maschio e femmina sono
esasperate. Se avessimo considerato comportamenti come procurarsi il cibo o
i processi di difesa, maschio e femmina si sarebbero atteggiati allo stesso
modo. Per quanto riguarda il sesso, invece, si poteva immaginare che nel
cervello del maschio e della femmina, pur identici, ci dovessero essere
scolpite le informazioni che sorvegliavano il diverso comportamento».
Con le loro stramberie, le moschine clonate viennesi aprono nuove
prospettive nello studio genetico di comportamenti che si pensava fossero
influenzati dall'ambiente ma potrebbero anche sbarazzare il campo da tante
polemiche su gay e lesbiche o, come ha azzardato il New York Times, spostare
il dibattito: dal regno della morale a quello della scienza.
«Eviterei di fare comparazioni con il comportamento umano», precisa il capo
ricerca Dickson. «Noi siamo creature enormemente più complicate delle
mosche. E l'esperienza quotidiana è sufficiente a insegnarci che i nostri
interessi sessuali non dipendono esclusivamente dai geni».
Ma l'ambiente mantiene la sua influenza? «C'è sempre un'influenza
dell'ambiente», tranquillizza il dottor Dickson. «E lo dimostra ancora la
Drosophila: se, per esempio, un maschio corteggia una femmina che ha già
avuto rapporti con altri maschi, viene rifiutato. Non solo, successivamente
quel maschio non cercherà più di sedurre femmine già impegnate. Dimostrando
che non solo sa leggere un'esperienza ma la memorizza pure».
Il futuro degli studi sul FruM aprirà altre prospettive di ricerca, per
esempio sull'aggressione e, in particolare, sulle reazioni maschili al
feromone.
“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer