Convocata una riunione in Giappone per le Case
Una partenza della MotoGP La data non è stata ancora fissata, anche se si parla addirittura del 7 gennaio prossimo, ma le Case hanno già reagito alla notizia del ritiro della Kawasaki fissando una riunione in Giappone per affrontare la crisi.
Saranno presenti i rappresentati di tutti i costruttori, Ducati inclusa. Parteciperà anche la Kawasaki visto che fa ancora parte della MSMA.
All’ordine del giorno, ovviamente, le modalità per uscire dal tunnel che vede la MotoGP affrontare il 2009 con appena 17 piloti schierati sulla linea di partenza. E’ probabile che nella riunione si cercheranno di fissare le linee guida per diminuire da subito i costi. Qualcuno parla anche di un tetto massimo per gli ingaggi, ma sinceramente questo genere di soluzioni, tentate anche in altri sport, hanno sempre lasciato il tempo che trovano.
Più importanti invece, potrebbero essere soluzioni mirate verso una immediata riduzione dei costi, anche se a questo punto, con le programmazione dei budget già dietro le spalle, è difficile diminuire realmente i costi. Nel caso della Kawasaki, per esempio, sono già in spedizione i ricambi e le novità previste per lo sviluppo 2009: qualcosa come sei milioni di dollari già spesi.
Fino a questo momento non ha ancora fatto sentire la sua voce Carmelo Ezpeleta, amministratore delegato della Dorna, che si trova in una situazione di grande debolezza. Il Presidente della FIM, il venezuelano Vito Ippolito, ha fatto già sapere che proporrà alle Case di tornare al passato, cioè alla produzione di “prototipi di serie” da vendere a piloti e team, come avveniva negli anni ’80 e ’90.
Dove si parla della crisi, degli artigiani del passato, di FIM e di Dorna
La storia sa essere giudice competente, ed a volte incredibilmente veloce. Pochi anni fa – era il 2004 – La Dorna con la complicità della FIM, fermò la WCM a Welkom, in Sud Africa, impedendogli di prendere parte alla prima prova del mondiale della MotoGP perché la quattro cilindri del team capitanato da Peter Clifford aveva il motore derivato da quello di una Yamaha R7. Più tardi la squadra anglo-americana si mise in regola rifacendo completamente carter ed albero motore della sua creatura. Non era un fulmine di guerra, la WCM, ma consentì a Michel Fabrizio di mettersi in luce. La stagione successiva partecipò nuovamente al campionato cambiando il nome in Blata, ma l’attesa sei cilindri del costruttore (di mini moto!) Ceco non andò al di là dei modelli in legno.
STORIE DI PERDENTI - Una sorte simile, anche se di maggior successo, ha avuto la KR progettata e messa in pista dal team di Kenny Roberts. Nata con un motore tre cilindri a due tempi, sperando di ripetere i successi della Honda NS, passò ad un cinque cilindri costruito dalla malese Proton (“un’ancora”, lo definì KR), poi al quattro cilindri KTM ed infine al cinque e poi al quattro cilindri Honda prima di arrendersi.
Non senza aver fatto vedere di cosa sarebbe stata capace nel 2006, quando con Kenny Junior alla guida si classificò sesta assoluta nel mondiale piloti e quinta in quello costruttori. Per la cronaca: davanti alla Kawasaki ufficiale.
Storia assai più breve – 2004 e 2005 – ebbe la Moriwaki, telaio tubolare nel quale era inserito un cinque cilindri Honda RC211V, e la Ilmor X3. Splendida moto, quest’ultima (come realizzazione), partorita dall’ingegnere svizzero ex F.1 Mario Ilien, schiacciata dalla mancanza di sponsor fin dal debutto.
L’IMPORTANZA DEGLI ARTIGIANI - Perché questa breve cronistoria? Semplicemente per ricordare che la Dorna e la FIM niente hanno fatto negli ultimi anni per favorire l’ingresso e la permanenza nel mondiale della MotoGP di team “artigiani”. Anzi, è sembrato che gonfi d’orgoglio per avere tutti e quattro i costruttori giapponesi quasi se ne siano vergognati, cercando di farli sparire al più presto. Un errore, e non solo perché oggi ci sarebbero più delle diciassette moto attualmente presenti dopo il ritiro della Kawasaki sullo schieramento di partenza. Un errore, perché proprio i costruttori “artigiani” avrebbero potuto essere un freno all’escalation dei costi. Certo, la Dorna avrebbe dovuto crederci, ma non ci ha creduto, seppellendo così parte della storia del motomondiale fatta di Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki, ma anche di Koenig, Paton, Linto, Morbidelli, Sanvenero, Elf X, per citare solo realizzazioni artigianali che non avevano vere case costruttrici alle spalle.
LE COLPE DI DORNA E FIM - Non diamo però solo colpe alla Dorna: corresponsabile della attuale situazione è senza dubbio la FIM. Sotto l’era Zerbi il motociclismo è cresciuto, ma poiché la FIM non avuto la scaltrezza di inserire nelle sue strutture validi professionisti (la realtà è che non ne ha inserito affatto), il risultato è che nel bene e nel male gli unici professionisti a decidere sono stati quelli dell’organizzatore iberico.
Il risultato lo vediamo oggi: chi c’è fatica a rimanere come la Suzuki che è lì che trema a causa del fatto che recentemente si è dovuta ricomprare parte delle sue azioni che la GM, in piena supercrisi, stava per rimettere sul mercato e chi, come la Honda, si è salvata solo grazie al sacrificio del team di F.1 ed alla filosofia di Takeo Fukui. Forse l’unica che non ha corso rischi è stata la Yamaha perché ha Rossi, l’intoccabile.
I GRANDI, PICCOLI, COSTRUTTORI - Così la realtà, oggi, è che il mondiale è ancora in piedi non grazie alla Honda, bensì alla Ducati, una industria da 40.000 pezzi l’anno che schiera ben cinque GP9. Una Ducati peraltro non è nuova a questi salvataggi visto che nel recente passato ha permesso alla Superbike in crisi per la fuga dei costruttori giapponesi di sopravvivere.
Dunque è così che vanno le cose: i giapponesi mollano, quando meno te lo aspetti. E’ la storia a dircelo, mentre i piccoli costruttori devono morire prima di arrendersi, come hanno dimostrato nel passato MV Agusta, Gilera, Moto Guzzi, Cagiva.
IN ATTESA CHE EZPELETA PARLI - Dopo tanti anni al seguito del motomondiale nulla ci stupisce. Siamo passati attraverso la progressiva estinzione di alcune classi, all’incredibile e velocissimo peggioramento di altre che ci sembravano inaffondabili – pensiamo alla 250 – che ormai siamo quasi rassegnati al fatto che il motomondiale, come la Dakar, non è immortale. La F.1 è divenuta quella che è, non subito, ma nel corso degli anni, ma indiscutibilmente è peggiorata. Stessa sorte sta subendo la MotoGP. Chissà, forse è giunto veramente il momento della Superbike. Non si può mai dire. In fondo ai tifosi piace la lotta, e a chi tifava Senna poco importava del frazionamento e della cilindrata della sua monoposto. Però ci piacerebbe che Carmelo Ezpeleta, amministratore delegato della Dorna, si facesse sentire, come ha fatto il Presidente della FIM, Vito Ippolito, in questo momento difficile. Sappiamo che sta lavorando – moltissimo – per tenere in pista le due Kawasaki, ma un semplice comunicato per rasserenare gli animi non è poi così difficile da scrivere. Professionalità è anche metterci la faccia quando si ha tutto da perdere.
Ernesto Emmi