Un anno dopo Ratisbona, 138 musulmani scrivono una nuova lettera al papa

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vanni-merlin
00lunedì 15 ottobre 2007 21:26
Un anno dopo Ratisbona, 138 musulmani scrivono una nuova lettera al papa

Propongono come terreno d'intesa tra musulmani e cristiani i due "più grandi comandamenti" dell'amore di Dio e del prossimo. Predicati sia nel Corano che nei Vangeli. Come reagirà la Chiesa di Roma?


di Sandro Magister


ROMA, 12 ottobre 2007 – Un anno fa, un mese dopo la memorabile lezione di Benedetto XVI a Ratisbona, 38 personalità musulmane scrissero al papa una lettera aperta nella quale in parte concordavano e in parte dissentivano con le posizioni da lui sostenute.

I 38 appartenevano a varie nazioni e a differenti correnti di pensiero. Nel mondo islamico era la prima volta che personalità così diverse parlavano con una sola voce, ed esponevano al capo della più importante Chiesa cristiana i principi dell'islam, con l'intento di arrivare a una "mutua comprensione".

Nei mesi successivi altre firme si aggiunsero a quelle iniziali e i 38 divennero 100. Ora, un anno dopo, i 100 sono diventati 138 e hanno resa pubblica una seconda lettera, in coincidenza con la fine del Ramadan.

Rispetto alla prima, la seconda lettera ha allargato la rosa di destinatari. Oltre che a papa Benedetto XVI, essa è indirizzata anche al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, al patriarca di Mosca Alessio II e ai capi di altre 18 Chiese d'oriente; all'arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams; ai leader delle federazioni mondiali delle Chiese luterane, riformate, metodiste e battiste; al segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, Samuel Kobia, e in generale "ai leader delle Chiese cristiane".

Quanto al contenuto, la prima lettera sosteneva posizioni molto nette a favore della libertà di professare la fede "senza costrizioni".

Rivendicava la razionalità dell'islam pur tenendo ferma l'assoluta trascendenza di Dio.

Ribadiva con decisione i limiti posti dalla dottrina islamica al ricorso alla guerra e all'uso della violenza. condannando i "sogni utopistici nei quali il fine giustifica i mezzi".

E concludeva auspicando un rapporto tra islam e cristianesimo fondato sull'amore di Dio e del prossimo, i "due grandi comandamenti" richiamati da Gesù nel Vangelo di Marco 12, 29-31.

La seconda lettera parte proprio dalla conclusione della prima, e la sviluppa. I comandamenti dell'amore di Dio e del prossimo – presenti sia nel Corano che nella Bibbia – sono la "parola comune" che offre all'incontro tra islam e cristianesimo "la più solida base teologica possibile".

Il testo della lettera è stato discusso e messo a punto lo scorso settembre in un incontro tenuto in Giordania presso il Reale Istituto al-Bayt per il Pensiero Islamico, patrocinato da re Abdullah II.

È convinzione dei promotori che, prima di questa lettera, "mai dei musulmani hanno offerto alla cristianità una proposta di consenso così forte".

Aref Ali Nayed – teologo libico che ha firmato sia la prima che la seconda lettera ed è autore ben noto ai lettori di www.chiesa – ha sottolineato l'adesione di musulmani di tutte le tendenze, sunniti, sciiti, ibadi, ismailiti, jaafari:

"invece che entrare in polemica, i firmatari hanno adottato, seguendo la migliore tradizione dell'islam, una posizione di rispetto delle Scritture cristiane. E hanno fatto appello ai cristiani perché siano non meno ma più fedeli ad esse".

I 138 firmatari sono di 43 nazioni. Alcuni di essi vivono in Europa e negli Stati Uniti ma la maggior parte vivono in paesi musulmani: dalla Giordania all'Arabia Saudita, dall'Egitto al Marocco, dagli Emirati allo Yemen; ma anche in Iran, in Iraq, in Turchia, in Pakistan, in Palestina.

Per l'Italia c'è la firma di Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente del CO.RE.IS, Comunità Religiosa Islamica, che ha curato anche la traduzione italiana ufficiale della lettera.

Alcuni dei firmatari della lettera – tra i quali Aref Ali Nayed che è stato docente, a Roma, al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica – hanno in più occasioni incontrato dei dirigenti della curia vaticana.

I primi contatti risalgono a un anno fa. Un primo segnale pubblico di apprezzamento da parte della Chiesa di Roma è però venuto solo dopo la pubblicazione di questa seconda lettera.

Il 12 ottobre il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del pontificio consiglio per il dialogo tra le religioni, ha detto alla Radio Vaticana:

"Si tratta di un documento molto interessante e nuovo, poiché proviene sia da musulmani sunniti sia da musulmani sciiti. È un documento non polemico, con numerose citazioni dell’Antico e del Nuovo Testamento. [...] Rappresenta un segnale molto incoraggiante, poiché dimostra che la buona volontà e il dialogo sono capaci di vincere i pregiudizi. È un approccio spirituale al dialogo interreligioso, che chiamerei il dialogo delle spiritualità. I musulmani e i cristiani devono rispondere a una sola domanda: per te Dio nella tua vita è veramente l’unico?".

Tra le posizioni espresse nella lettera e quelle di Benedetto XVI circa il dialogo interreligioso vi è una sicura sintonia.

L'ultima volta in cui il papa ha toccato questo tema è stato lo scorso 5 ottobre.

Parlando ai membri della Commissione Teologica Internazionale, Benedetto XVI ha indicato nella "legge naturale" e nei dieci comandamenti "il fondamento di un'etica universale" valida per "tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse".

E i dieci comandamenti si riassumono nei due "più grandi" dell'amore di Dio e del prossimo: "la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell'altro come uguale a se stesso".

Sono gli stessi due comandamenti su cui si impernia la lettera al papa dei 138 musulmani.




da: chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/171166?ref=hpchie

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