Trattatello in laude di Dante.

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BertAdams
00giovedì 25 marzo 2021 17:45
In genere trovo insopportabile il proliferare del giorno dedicato al tale motivo o tal altro, perché sanno tanto di vuota retorica.
Il Dantedī è un'eccezione alla regola.
Il poeta fiorentino se lo merita tutto per mille ragioni, non ultima l'essere tutto sommato sopravvissuto anche agli insegnamenti scolastici.
Nel mio caso personale non posso lamentarmi avendo avuto un professore d'italiano che ci metteva l'anima per fartelo amare, ma è indubbio che spesso proprio durante gli studi nasceva l'odio nei suoi confronti.
Eppure è indubbio che la nostra stupenda lingua sia debitrice verso il sommo poeta più che a chiunque altro. Se non è una sua invenzione poco ci manca.
Già prima della Commedia era con ogni probabilità il più importante scrittore italiano dell'epoca, ma non gli è bastato e ha voluto strafare e così ancor oggi, settecento anni dalla sua morte, è lì inarrivabile.
Non lo batte quello spocchioso del Petrarca, né quel simpatico buontempone del Boccaccio, cui rubo il titolo del thread, né tanti meno quella beghina del Manzoni.
Lui è lì che svetta e guarda tutto dall'alto.

D'altronde come non si può apprezzare un sonetto come Tanto gentile e tanto onesta pare?
Come si fa a rimanere insensibili al racconto di Francesca o non ammirare, con la fantasia, l'ingresso dell'inferno con la celebre scritta che ognuno ha immaginato di trovarsi davanti in occasioni spiacevoli?
Non si dimenticano facilmente personaggi come l'altero Farinata degli Uberti o lo sfortunato Pier della Vigna.
E come scordarsi delle parole di un Ulisse che si credeva arrivato felice a Itaca ed invece ce lo si ritrova all'Inferno a regalare a tutti un ultimo prezioso ammonimento.
Si noterà che cito più che altro la prima cantica. Il motivo è semplice. È la più affascinante.
Non che il resto sia da meno, però i dannati sono più "fighi" di una Pia de' Tolomei.
Certo pochi conoscono, se non per sentito dire, le Rime o il Convivio. Ancor meno il De Monarchia o il De Volgari Eloquentia.
Ma non importa.
Almeno una volta all'anno ogni madrelingua del volgare - a proposito com'è cambiato il significato di questa parola da allora - oggi italiano, dovrebbe leggersi qualcosa di suo. Anche le frasi fatte tipo: Vuolsi così colà dove si poteva ciò che si vuole e più non dimandare.
Perché fa bene. Perché è la luce nelle tenebre. Perché in fondo il suo immaginario viaggio ultraterreno sembra ancora così reale.

Grazie a te Durante degli Alighieri per averci mostrato la bellezza con le sole parole. Non sarà mai possibile ricambiare un regalo così straordinario.
ddvd
00giovedì 25 marzo 2021 18:36
[SM=x74874]
Carlo Maria
00giovedì 25 marzo 2021 19:59
Ricordo una sera, un sacco di anni fa, durante un raduno romano, in cui Morello e io facemmo a gara nel declamare a memoria stralci di quella straordinaria Commedia.
Saranno tredici o quattordici anni che non ci provo e sarò un poco arrugginito, ma forse il Canto V e il XXVI ancora potrei ricordarli.
Ovviamente sto parlando dell'Inferno.
A scuola, purtroppo, avevo un professore che non lo amava e in tre anni ne facemmo davvero poco. Ricordo che amai fin da subito la prima cantica, ma che la mia preferita al tempo fu la seconda, il Purgatorio.
Con gli anni, però, le mie memorie sono andate sbiadendo e rammento solo alcuni di quei versi magnifici.
La rileggerò, me lo sono ripromesso. [SM=x74967]
BertAdams
00giovedì 25 marzo 2021 21:05
Che fosse un'opera straordinaria lo certificò subito un quasi contemporaneo, ovvero il più grande prosatore italiano - o uno dei più grandi - ovvero il Boccaccio.
Però non è stato in ogni tempo il poeta più amato, Petrarca ebbe più fortuna all'inizio anche a livello europeo, ma alla lunga l'ha spuntata meritatamente.

Solo a pensarci ha dell'incredibile che sia riuscito a creare una specie di enciclopedia di tutto lo scibile del tempo e farlo in endecasillabi. Va bene che poteva crearla e plasmarla a suo piacimento questa nuova lingua letteraria, ma ci voleva una mente davvero fuori dal comune per riuscire a tanto.

Noi poi l'abbiamo imbastardita non poco, ma resta pur sempre una lingua bellissima, con una ricchezza di vocaboli che ad esempio l'inglese si sogna. Salvo poi non conoscerla è rubare termini esotici perché fa sembrare meno provinciali, dimenticando l'incredibile arsenale messoci a disposizione dal Poeta.
Juan Galvez
00venerdì 26 marzo 2021 07:54
Avete già detto tutto.

Non riavremo più (almeno per molto, molto tempo) un'epoca in cui, seppure per pochi anni, si trovino a convivere Dante, Petrarca e Boccaccio (in ordine di nascita). Ma neppure Leopardi, Manzoni e Foscolo (in ordine di grandezza).

Myra Solano
00venerdì 21 maggio 2021 09:46
Provo sempre un profondo fastidio quando leggo testi mal scritti o ascolto servizi poco curati in televisione, nei quali si fa largo uso di frasi fatte (ad es. l'esecrabile "scene da far-west") e di termini ed espressioni tratti principalemente dalla lingua inglese, per non parlare del modo in cui si deturpa l'italiano, cambiando senso alle parole (si pensi ad es. all'abuso di "importante", per il quale spero sia solo per pigrizia che non si usano i tanti aggettivi, più ricercati, di cui abbonda la nostra bellissima lingua) o non lo si apprezza per nulla, limitandosi ad usare sempre le stesse parole, quelle duemila circa del lessico fondamentale.
In passato m'infastidivo, sospiravo e poi passava, ora invece penso a Dante, con affetto e riconoscenza per ciò che ci ha donato e con rimpianto per ciò che si sta perdendo.

Alle medie lo avevamo studiato poco o niente, mentre alle superiori il mio professore era un estimatore di Leopardi, ragion per cui seguì il programma dantesco senza troppo entusiasmo. Fu un gran peccato ma ora, a distanza di tanti anni, la lettura della Divina Commedia è una emozionante (ri)scoperta, soprattutto nell'intimo, grazie al viaggio anche filosofico e spirituale che Dante ti invita a compiere.
Ho riletto la prima e la seconda cantica nella versione commentata da Franco Nembrini e illustrata da Gabriele Dell'Otto. Ora sto attendendo la pubblicazione del Paradiso, prevista pare per fine anno.

Concordo con Bert, i dannati sono certo più affascinanti. Ulisse io l'ho amato sin da quando studiammo l'Odissea, l'ho adorato e mi ha terrorizzato nello sceneggiato Rai, mi ha ispirato nella poesia di A. Tennyson.
Ulisse, che ha fatto un viaggio in parte simile a quello di Dante, ma tuttavia "folle", privo di umiltà e quindi della possibilità di rapportarsi all'Infinito/Dio, resta per me un gigante.
Ma il personaggio che ho amato di più e di cui sento ancora la nostalgia è Virgilio, guida, maestro e padre, capace anche di farmi sorridere nei momenti in cui si spazientisce di fronte a un Dante impaurito e titubante.
Il canto XXVII del Purgatorio, nel quale Dante dopo molti idugi passa attraverso il fuoco e Virgilio proclama che la sua missione è compiuta (<<per ch'io te sovra te corono e mitrio>>), per me è uno dei fondamentali di tutto il Poema.

È un dono dal valore inestimabile quello di Dante e non aggiungo altro se non il mio grazie.



BertAdams
00sabato 22 maggio 2021 11:10
Ispirato dell'anniversario mi sono messo a leggere diversi libri che parlano di lui e mi colpisce quante informazioni mi erano ignote o addirittura mi avevano messo fuori strada.

La prima stranezza che attribuivo a Dante era questa "dichiarazione" d'amore assoluto verso una donna che non era la consorte. Gemma Donati, questo è il nome della moglie del poeta, come poteva tollerare tutto questo parlare di Beatrice Portinari? Tenendo conto che di lei Dante non dice nulla?
Era una di quelle cose inspiegabili che mi tornavano in mente ogni volta che pensavo a lui.
Beh, ora da un certo punto di vista questo non è più un mistero. Si perché pur sapendo che il matrimonio era stato combinato non immaginavo che lo fosse stato quando i due erano bambini così piccoli (Gemma mi pare solo 7 anni!). Quindi non si può parlare neanche lontanamente d'amore tra i due, sebbene dall'unione siano nati più figli (3 certi e un paio in dubbio).
E che entrambi, appena potuto, si siano "liberati" dalla fastidiosa presenza reciproca lo dimostra il fatto che dal 1301, anno dell'esilio, non si sono più rivisti. Ognuno per la sua strada.
Lui a correre appresso ad altre donne (la Pietra è corteggiata in questi anni?) e a scrivere opere d'arte, lei a godersi la dote magari in compagnia di un uomo che le dedicasse tutto l'interesse.
E poi pensiamo al medioevo come un tempo bacchettone.

E non è che una delle tante curiosità intriganti di una vita peraltro molto misteriosa. E a ragion veduta visto che i concittadini lo avevano condannato al rogo in contumacia...
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