Il colonialismo...

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cane...sciolto
00mercoledì 3 maggio 2006 03:08
Se non è il posto giusto chi di dovere lo sposti, ma nel modo in cui vien trattato il tema...

E sugli schiavi Francia divisa.
Il 10 maggio si ricorderanno le vittime della tratta negriera, ma tra gli storici infuria la polemica.

Il prossimo 10 maggio, per la prima volta nella sua storia, la Francia celebrerà la "Giornata nazionale delle memorie della tratta negriera, della schiavitù e della loro abolizione". Sarà l'occasione per ricordare le vittime del commercio di schiavi durante l'epoca coloniale, ma anche per dare impulso all'insegnamento e alla ricerca attorno a una pagina storica dolorosa che, a detta di molti, dovrebbe far parte della memoria collettiva del Paese. Un'esigenza particolarmente sentita dalle minoranze di colore e soprattutto dagli abitanti di quei dipartimenti d'oltremare (la Martinica, la Guadalupa e Guyana), molti di cui abitanti discendono dagli schiavi africani deportati dall'altra parte dell'Atlantico tre secoli fa. Dedicare un giorno alla loro memoria è quindi un modo per riconoscere le ingiustizie subite dagli antenati di una parte della popolazione francese. La data scelta non è casuale. Il 10 maggio di cinque anni fa, infatti, fu votata dal parlamento francese una legge che riconosce "la tratta negriera è la schiavitù come crimini contro l'umanità", legge che per ora non ha eguali in nessun altro Paese del mondo]
Nonostante le buone intenzioni, la legge in questione fa però discutere gli storici, molti dei quali denunciano i rischi e le contraddizioni di questa e delle altre cosiddette "leggi memoriali". Quelle leggi, cioè, tramite le quali il parlamento, in un modo o nell'altro "istituisce una verità storica", come ricorda lo storico Pierre Nora. Oltre che sulla tratta infatti, il parlamento francese ha legiferato sulla Shoah, sul genocidio armeno e sul ruolo positivo della colonizzazione (in quest'ultimo caso la legge è stata poi ritirata di fronte alle moltissime proteste). Leggi molto diverse tra loro, per caratteristiche e per intenzione, che però sono state messe in discussione in blocco da un appello intitolato "Libertà per la storia", firmato da oltre 500 storici francesi, tra i quali molti nomi di spicco: Jacques Le Goff, Emmanuel Le Roy Ladurie, Marc Ferro, Pierre Nora, Renè Remond, Paul Vayne, Pierre Vidal-Nacquet, Jean Perre Vernant,Pierre Milza, Michel Winock, eccetera.
Secondo questi illustri esponenti della tradizione storica d'oltralpe, "in uno stato libero non appartiene al parlamento nè all'autorità giudiziaria definire la verità storica". La storia, infatti, "non è una religione", di conseguenza essa "non accetta alcun dogma, non rispetta nessun divieto, non conosce tabù. La storia non è la morale. Lo storico non esalta o condanna. Lo storico spiega"]
A spingere gli storici sul sentiero di guerra è il timore che, in nome di questa o quella memoria codificata per legge, si possa limitare la libertà di ricerca.Com'è capitato di recente a Olivier Pétré-Grenouilleau, lo storico specialista della tratta, autore di un saggio molto apprezzato, Les traites négrières(Gallimard), che qualche mese fa è stato denunciato come revisionista dal "Collectif des Antillais, Guyanays et Réunionnais". L'associazione gli rimprovera le dichiarazioni fatte durante un'intervista, nella quale aveva sostenuto che la tratta non poteva essere un genocidio né tanto meno essere assimilata alla Shoah. Senza dimenticare, inoltre, che, accanto alla tratta atlantica praticata dagli europei, erano esistite in precedenza la tratta interafricana e la tratta orientale. Parole che a coloro che si presentano come i discendenti degli schiavi africani sono sembrate offensive e pericolose, tanto da richiedere l'intervento della giustizia.
L'attacco contro Pétré-Grenouilleau ha molto scosso gli storici che si sono mobilitati con determinazione in sua difesa, riuscendo a convincere il Collectif a fare marcia indietro. La denuncia è stata ritirata, ma il fatto è suonato comunque come un campanello d'allarme. Da qui il pubblico appello degli storici che ha innescatoun acceso dibattito attorno alle relazioni -complesse e ambigue- tra legge, storia e memoria. Un dibattito registrato tra l'altro dai numeri recenti che tre prestigiose riviste - "Esprit", "Hérodoté" e "Revue d'histoire moderne et contemporaine"- hanno dedicato all'argomento, accogliendo gli interventi di numerosi studiosi. Interventi ai quali si aggiunge oggi anche un libro di riflessioni di René Remond, Quand l'Etat se mele d'histoire (Stock), in cui l'autore mette in guardia contro tutte le forme di "storia di Stato" che rischiano di sostituire le loro certezze al lavoro dei ricercatori.

di Fabio Gambaro dal "Domenicale" del Sole24ore, 30 aprile 2006
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