La storia di Alain Stevens

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roob
00martedì 29 maggio 2001 00:43

La storia di Alain Stevens


Per dieci anni ha lavorato come investigatore finanziario. Poi è arrivata Internet; e lui è diventato il primo cyberdetective della storia.


Forse vedendolo, Philip Marlowe, l’investigatore privato protagonista dei romanzi di Raymond Chandler ed interpretato sul grande schermo da Humphrey Bogart, storcerebbe il naso. Un duro come lui, abituato a battere le vie di Los Angeles con la sigaretta accesa tra i denti, sempre pronto a fare a pugni e, all’occorrenza, a mettere mano al revolver, chissà cosa direbbe di un detective che passa tutto il suo tempo chiuso in un ufficio. Uno abituato a lenire la sofferenza con il whisky per i lividi e le ferite, sempre tra le braccia di bionde mozzafiato, ma incapace di innamorarsi mai veramente, forse non degnerebbe neanche di un ghigno quest’ometto occhialuto e impomatato, che somiglia più all’ispettore Clouseau che a Sherlock Holmes.

Alain Stevens però, a ben guardare, non manca di fascino; a partire dal nome inglese, che sembra inventato appositamente. In realtà, Stevens di inglese ha solo il nome e le remote origini. Tra i suoi lontani avi figura nientemeno che lo scrittore Jules Verne, di cui è pronipote. Ma probabilmente neanche Verne, con la sua visionaria immaginazione, poteva ipotizzare che nel futuro gli investigatori sarebbero stati in grado di condurre le proprie ricerche senza muoversi di casa, standosene tranquillamente seduti di fronte ad una scatoletta magica nella quale, a saperle cercare, si sarebbero trovate tutte le risposte; o quasi.

«Sono sorpreso ed allo stesso tempo spaventato dalla quantità di informazioni sulla gente che si possono trovare su Internet,» dichiara Stevens. E dovrebbe aggiungere di essere anche riconoscente di questo; infatti, grazie alle tracce che gli sprovveduti navigatori lasciano al loro passaggio sulla Rete, Alain Stevens ha potuto inventarsi una professione. Non a caso, ama definirsi il primo “cyberdetective” della storia.

Formatosi sui libri di ragioneria, finanza ed economia, Stevens entrò giovanissimo, a 22 anni, in una società di investigazioni finanziarie con sede a Parigi. Per dieci anni, il giovane Alain si fece le ossa conducendo inchieste per conto di banche e grandi aziende; spulciando noiose contabilità o inseguendo debitori insolventi, il ragazzo imparò a scovare le informazioni che gli servivano dietro quelle apparentemente superflue o inutili. In breve, acquisì un metodo che si rivelerà fondamentale tre anni fa, quando finalmente Alain Stevens, che ora ha 35 anni, ritorna a casa sua e decide di mettersi in proprio, fornendo i propri servigi tramite il Web, che proprio in quei giorni sta conoscendo la sua prima, vertiginosa espansione.

Seduto nel suo ufficio di investigatore privato, sulle alture nei dintorni di Cannes, Alain Stevens ha dismesso l’impermeabile e la lente di ingrandimento e vive circondato da computer, schermi, tastiere, mouse e stampanti. Ha scoperto che su Internet può trovare tutto quello che gli serve senza dover alzarsi quasi mai dalla sedia. A lui continuano a rivolgersi banche ed aziende, ma anche privati alla ricerca di persone irreperibili o personaggi famosi che vogliono tutelare la propria immagine in Rete. Quando gli viene affidato un caso, Stevens non si sottrae: «Nella ricerca di persone scomparse, la mia percentuale di successi si aggira intorno al 90 percento,» dice. A volte gli basta un’ora di lavoro, altre volte sono necessari dei mesi, ma alla fine il cyberdetective è quasi sicuro di farcela.

Chi lo immagina in possesso di chissà quali segreti telematici, si sbaglia: Stevens giura che la maggior parte dei casi può essere risolta affidandosi ad un semplice motore di ricerca accessibile a tutti. Con un software gratuito come Copernic, che permette di effettuare uno scan dettagliato su tutti i maggiori motori di ricerca, Stevens riesce a scoprire ciò che vuole: «Se cerco una persona con un particolare hobby,» spiega, «conduco una ricerca su quel passatempo. Con tutta probabilità, troverò almeno una directory nella quale quella persona è indicizzata.»

Certamente, Stevens ammette che un detective formatosi nella scuola tradizionale avrebbe delle difficoltà a condurre un’inchiesta alla sua maniera: «C’è un certo numero di tecniche di cui impadronirsi,» osserva, «in particolare in materia di ricerche su Internet e di indagini tecnologiche, che raramente sono note ai miei colleghi.» Ma, alla fin fine, Stevens non si sente poi molto distante da loro: «la base di quest’attività, dopo tutto, rimane la stessa: trovare le prove. Sono solo il campo di investigazione ed i mezzi a cambiare.»

Quando con i normali motori di ricerca non riesce a trovare le prove che gli servono, allora Stevens si rivolge ad alcuni database specializzati (di cui preferisce non rivelare il nome) ai quali è iscritto: «Grazie a questi controlli incrociati, posso trovare una persona scomparsa in un’ora.» E come ogni investigatore che si rispetti, anche Alain dichiara di avere i suoi informatori; ma anche questi sono in un certo senso “virtuali”: «Quando mi servono certe particolari informazioni, ad esempio a livello tecnico, mando messaggi anonimi sui forum oppure sui newsgroup; ed ottengo tutte le risposte che mi servono.»

Dovendo citare un caso in particolare, Alain Stevens narra quello di una donna che si è rivolta a lui per rintracciare l’ex marito che non le versava più gli alimenti: «Ho trovato quasi subito le sue tracce,» racconta il cyberdetective, «ma sono sempre alla ricerca del suo ultimo indirizzo.» Questo per dire che su Internet bisogna essere ancora più rapidi che nella realtà, in quanto un sospetto può scomparire improvvisamente nel nulla. Sul Web tutto è estremamente volatile: spesso Stevens deve dimostrare che un’azienda ha usato i dati di un’altra senza autorizzazione; un lavoro semplice in teoria, ma affinché le prove siano valide in un processo bisogna rispettare tutta una serie di criteri e procedure ai quali i bit riescono a sottrarsi spesso e volentieri.

Un altro caso che gli piace ricordare è quello di una ragazza che voleva sapere chi fossero i suoi veri genitori. Partendo dal nome di una città e da una data, Stevens è riuscito ad entrare in contatto con un suo parente canadese che aveva piazzato online l’albero genealogico della famiglia: «Ormai entro in questo tipo di siti quasi automaticamente,» dichiara: «è inimmaginabile quante siano le persone che amano avere sul Web la storia della propria famiglia, specie se si tratta di emigranti.» A questo scopo, Stevens setaccia anche i siti di cartoline postali. Per quelli che una volta venivano chiamati “figli di NN”, il cyberdetective lavora gratis. Per tutti gli altri, la tariffa è di 400 franchi l’ora (circa 120mila lire) più le spese; ma queste sono contenute al minimo, in quanto Stevens lavora nel suo ufficio, quindi non bisogna pagargli né l’aereo, né l’albergo.


di Alessio Balbi

mmmm

[Modificato da roob 15/10/2001 04:00]

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