)O( Anch'io l'amavo )O(

Elysiane
00mercoledì 3 agosto 2016 12:05
[ Tempio ] Fehrer & Elysiane
Riassunto: E' notte quando la Signora di Avalon s'appresta ad aggirarsi per i giardini, indi i tatuaggi sulle sue braccia s'illuminano d'un bagliore argentato. Alla fine del sentiero, Elysiane si aspetta di trovare Fehrer e così è: egli è accovacciato al suolo con l'intento di tagliarsi i capelli. La Sacerdotessa gli dà una mano, indi i due si lasciano andare a delle confidenze circa la donna che entrambi amavano: Roseline.

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FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] La notte l'ha rigurgitato come un sogno sì piacevole da tenere nascosto; o come un incubo troppo pesto da serbare nel fondo delle tenebre. Così com'è scomparso, riappare: alto, nient'affatto dinoccolato e con le spalle di chi ha adoperato le braccia certo per piegarne altre, e non - tanto spesso - per sfogliare libercoli. Chino in terra, là dove un ginocchio poggia ben bene e una pianta fa da contrappeso, l'Alfiere pare predicare alla propria anima un voto di religioso silenzio: se ne sta immobile e acquattato, eppure l'attento osservatore giudicherebbe che le membra son talmente elettriche che gli assicurerebbero un balzo repentino, qualora la situazione lo richiedesse. Non molto lontano dalla figura dell'Ishtuk, stanno la sua spada bastarda - che, rinfoderata, non grazierà alcuno della sua voce malevola -, l'ampia giubba nera in cuoio borchiato - poiché la parte superiore del corpo è nuda, e tradisce l'esistenza di una carnagione pallida, tirata fermamente su muscoli definiti e imbrigliata in una fitta ragnatela di cicatrici: si salvano ben pochi centimetri di corpo - e degli utensili disparati. Vi si potrebbero scorgere delle forbici. Ha, fra le mani, ciocche dei suoi stessi, lunghi, biondi capelli. Lunghi, lunghissimi, al punto che gli arti possono permettersi di stringerne all'altezza delle clavicole e averne ancora sufficientemente da scendere fino al fondo del petto segnato dal ricordo di una grave ustione. Tace.

ELYSIANE [ . Giardini Esterni . ] Il gracidare delle ranocchie che saltano nel buio ed il cicalio degli insetti fanno compagnia alla Dama del Lago, intenta a passeggiare nei giardini esterni alla struttura marmorea che è il Tempio del Sole. Lo sguardo pigro della ventunenne carezza gli alberi i cui rami sono incurvati dai pomi lucenti ed un sorriso illumina il volto segnato da pesanti occhiaie: Lughnasadh è appena trascorso ed il contado si appresta alla raccolta di ciò che era stato seminato le stagioni precedenti, scacciate dall’incessante giro della Ruota. Molto presto Elysiane incaricherà Rois e le Novizie di spogliare i meli e l’aroma di quelle rosse meraviglie invaderà le cucine del sacro luogo. La giovane donna indossa una veste rossa dal sapore Mediterraneo ed una cinta del medesimo colore si staglia sopra la vita allargata a dismisura dalla gravidanza, tanto che l’athamé penzola a fatica e va a cozzare contro il ventre ad ogni passo della Romana; il Medaglione del Drago giace attorno al collo della Sacerdotessa, agghindando il suo corpo altrimenti privo di accessori. Non v’è trucco sul volto della religiosa ed i capelli prima resi invisibili dalla rasatura ora crescono ispidi, corti e precisi; la restante parte del crine castano ramato è domato in una treccia morbida che oscilla come un pendolo fra le scapole. D’improvviso, i serpenti alati tatuati col color di Selene sulla pelle nivea degli avambracci di Elysiane si illuminano d’un bagliore intenso, il che conduce la fanciulla a battere quel sentiero, certa riguardo a chi incontrerà fra pochi istanti.

FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] Mentre il graffio d'ambra sottile s'arrampica nel cielo, arriso dalle stelle che ne cantano l'ascesa, s'allarga, sulla terra, il suo sorriso di fosforo: è una lingua flebile e appena accennata, che indica quel poco di via luminosa come se appartenesse a un bamboccio in vena di smorfie. Ed è proprio al di sotto di quel lucore che l'Alfiere giace, nella posizione di cui sopra, come in cerca di un'ispirazione che, eppure, non vuol saperne d'affacciarsi ai suoi occhi. Semplicemente, qualsiasi cosa stia partorendo la sua testa, non può portarla a termine da solo. Quale avvento propiziato dagli dèi, Elysiane si fa dunque largo di lì a breve, preceduta dall'eco dei suoi passi leggeri: ruota il capo in direzione della loro fonte e, a meno che le orecchie non lo ingannino, gli occhi dovrebbero presto incontrare quelli della Somma. Solo che c'è qualcosa di differente. Si alza pian piano, facendo scivolare lo sguardo dal volto al ventre di lei, preda d'un rigonfiamento inequivocabile. La fronte s'aggrotta e la testa pende su una spalla: s'accorge forse ora che chi ha innanzi è una donna, morbida e matura, e non una ragazzina? Probabilmente. Le indica silenziosamente il grembo, chiedendole tacitamente chi, come, quando.

ELYSIANE [ . Giardini Esterni . ] Come tacitamente promesso dal bagliore argenteo emanato dai suoi tatuaggi, la fanciulla s’avvede della presenza dell’Alfiere, accovacciato nei pressi d’una pianta ed alle prese – quanto pare – con un’operazione assai delicata. Lo sguardo indagatore della ventunenne si arrampica sul torso e sulla schiena nude e martoriate da decine di battaglie vinte, quindi scivola sulle forbici che l’uomo tenta di avvicinare alla chioma chiara. [ Serve aiuto? ] Domanda placidamente Elysiane, avvicinandosi ancora ma arrestando i propri passi a qualche metro di distanza dal Cavaliere dei Draghi, così da consentirgli di muoversi agilmente qualora egli decidesse di far tutto da sé. Non può evitare di accorgersi degli occhi del Nordico sul suo ventre: essi sono curiosi e capaci di parlare per il loro padrone. Al che la Romana si stringe nelle spalle ed un sorriso lieve increspa le labbra rosee; le mani scivolano sul ventre talmente gonfio da premere contro la stoffa vermiglia. [ Beltane ] Non ha bisogno di aggiungere altro, è sicura che Fehrer capirà. La Dea le ha ordinato di essere Madre ed ella ha obbedito; avrebbe potuto bagnarsi di notte nelle acque più profonde del Lago – là ove la temperatura scende vertiginosamente – o prepararsi una tisana capace di liberarsi di quella gravidanza ma no, non l’ha fatto. Si può dire che questa sia la battaglia più dura per la guerriera, quella capace di far sentire la Somma Stella ansiosa ed inadeguata, eppure ella pare in grado di affrontarla a testa alta e con un sorriso più contento che rassegnato dipinto sul volto.

FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] Lo sguardo s'attarda qualche altro istante sul ventre gonfio di Elysiane. Al momento pare non preoccuparsi minimamente del fatto che la sua attenzione possa metterla a disagio o in soggezione; di fatto, la sua non è un'espressione indagatrice, bensì serena. Quella di chi non giudica, ma è pronto a offrire il miglior supporto esistente in casi di imbarazzo o scarsa volontà di spiegare: il silenzio. Un silenzio, quello dell'Ishtuk, che suona di benevolenza. Annuisce lentamente, indirizzando gli occhi alla via di quelli di lei e, se potesse, trasmettendole un appiglio cui aggrapparsi. [Beltane] finalmente, la voce si presenta alla notte: roca e profonda come la Somma la ricordava. La festività dei fuochi e della passione che divampa e si consuma in una notte, ma abbandona ulteriori scintille lungo quelle a seguire. Ce n'è una che sprigiona elettricità nel fiore morbido della giovane che ha di fronte. Ruota le forbici fin quando le lame non puntino terra e, stendendo il braccio verso di lei, ne cede eloquentemente la proprietà. Non dice una parola sul perché, né pare intenzionato a spiegare i motivi per i quali ora, stanotte, voglia e debba voltare un capitolo della propria vita. Curioso che ci sia lei ad aiutarlo a rimuovere la polvere e a spiegare una pergamena intonsa. Se e quando avesse afferrato l'arnese, le darebbe le spalle - ancora cicatrici, ancora lividi vecchi e nuovi -, mettendosi a sedere senza indugio: si fida. Alto com'è, Elysiane dovrebbe avere una vista e uno spazio sufficientemente agevoli per iniziare a sfoltire.

ELYSIANE [ . Giardini Esterni . ] L’Alfiere reagisce proprio come la fanciulla s’aspettava: con comprensione e discrezione. L’oto della ventunenne lo sente ripetere la parola pronunciata poc’anzi ed Elysiane si ritrova a sorridergli ancora, grata di non dover spendere altre parole sull’argomento. Ha vissuto momenti di panico dopo la conferma del suo stato interessante da parte di Edave: aveva paura per il piccolo, essendo la vita sacerdotale costellata da digiuni e dall’assunzione di sostanze stupefacenti che stimolano il sopraggiungere della Vista, e per sé stessa, preoccupata di dover mettere da parte l’utilizzo delle armi e di vedersi ingrossata ed ammosciata dal crescere del ventre. Non aveva mai cercato di farsi bella così come non aveva mai desiderato un uomo, eppure tutto è cambiato durante la notte di Beltane: poche ore hanno rivoluzionato la sua esistenza. Rispondendo alla muta richiesta dell’Ishtuk, si appropria delle forbici tendendo la mancina quindi si porta alle spalle di Fehrer, attendendo che egli si sieda. Lascia che la destra scorra fra le ciocche del guerriero, ammirandone i riflessi generati dalla luna Vergine. Nella mente della Romana si fanno strada le parole sagge di sua nonna: ella sosteneva, infatti, che le fanciulle latine fossero solite effettuare cambi alle loro capigliature dopo una delusione d’amore o in procinto d’un grosso cambiamento. Chissà se questa regola possa essere applicata anche ai Barbari! [ Ti fanno caldo? ] Gli domanda gentilmente, scostando la chioma chiara dalle spalle e lasciandola ricadere interamente sulla schiena così da poterla avere sotto controllo. Inizierebbe a tagliare dal basso, liberando l’uomo dalle doppie punte e privandolo inizialmente solo d’un paio di centimetri; cercherebbe di mantenere la mano ferma e di procedere con cura, donando al taglio un aspetto uniforme. [ Quanto li vuoi corti? ] Chiede ancora, incerta sulla volontà dell’Alfiere.

FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] Socchiude gli occhi, irrigidendosi appena. E' una sensazione passeggera, eppure: i capelli divengono via via una parte estranea di sé, come fossero protesi artificiali avvinghiate al corpo mediante il giogo divertito d'una qualche entità foriera di burle. Congiunge le mani, fissando gli occhi sulle dita e, in particolare, sul pollice della destra cerchiato da un anello, col quale finisce per giocherellare, non prima d'averlo sfilato lentamente e rimirato al pari d'una reliquia. Una reliquia al cui potere non si creda più. [Per un guerriero, non vanno bene. I nemici potrebbero servirsene] mormora con una voce talmente atona che, pure se stesse mentendo - e non è escluso, considerando che neppure l'Alfiere conosca per intero il colore delle proprie viscere -, probabilmente l'interlocutore non se ne avvedrebbe. In più, la risposta non dovrebbe fare una piega. Solleva poi un braccio, in modo da mostrarle il pollice e l'indice richiusi a mostrare un paio di centimetri, sì che la giovane possa regolarsi di conseguenza. [Barrington non è un luogo di mostri come vengono istruiti gli stranieri. Barrington è essa stessa un mostro, che prova piacere nel contorcersi nel dolore] esordisce spiegando la situazione dall'altra parte del lago. [Almarth è morto. Lo ha verosimilmente ucciso una donna del Caos, e l'unico interessato a scoprire la verità è un nano troppo nobile da rispondere ai colpi bassi che gli indirizzano da ogni dove. Se ha cervello, e non ne dubito, verrà via di lì. In ogni caso, il mio lavoro lì è finito.]

ELYSIANE [ . Giardini Esterni . ] [ Capito ] Il suo assenso è una risposta appena mormorata, accompagnata da un vigoroso cenno del capo celato a Fehrer dalla posizione della fanciulla. Quest’ultima si sporge appena per carpire con gli occhi la lunghezza di crine della quale l’uomo desidera liberarsi, quindi si dà da fare: si aiuta con la destra, isolando la porzione di capelli da tagliare, quindi la mancina effettua l’operazione; i movimenti rapidi e precisi di Elysiane si ripetono ancora ed ancora, sino a quando la giovane non si reputa soddisfatta del risultato. [ Fatto! ] Esclama, arricciando le labbra in un’espressione compiaciuta, quindi porge le forbici al suo interlocutore. [ Hai uno specchio? ] Solo in questo modo egli potrebbe rimirare l’operato della Sacerdotessa. Ella sembra essere colpita dalle parole del Cavaliere dei Draghi, considerato dalla ventunenne una fonte attendibile tanto quanto Nyule. Lentamente, la mancina copre il volto stanco della Dama del Lago, anche mentre questa annuisce facendo oscillare la treccia fra le spalle. [ Sì, Nyule mi ha messa al corrente di ciò che è successo. ] E’ grata alla Dragonessa, sebbene sia preoccupata per la sua incolumità: sa bene che il compito di una Madre è quello di vegliare sulla propria prole seppur donando ai figli una discreta autonomia. Facendo molta attenzione, si siederebbe sull’erba, i movimenti resi più goffi dalla pancia prominente; una volta a terra, liscerebbe le pieghe della veste rossa. [ Non ho potuto conoscere Rastal, non ancora, ma so che il suo essere un Avalonese non abbia esattamente giocato a suo favore. Lady Alexandra mi ha invitata a Barrington per un incontro e appena ne avrò modo.. ] Lo sguardo si soffermerebbe sul ventre [ Accetterò l’offerta. L’ho detto a tutti: alla Regina, al Supremo Cavaliere, alla Maga stessa: non mi interessa chi siederà sul trono di Barrington, purché sia un Governatore assennato e disposto ad una pace con Avalon. Non mi aspetto che sia nostro amico, chiedo solo che sia nostro alleato. Se così non fosse.. ] Cerca lo sguardo di Fehrer e si stringe nelle spalle, scuotendo appena la testa. E’ certa che l’altro la pensi allo stesso modo, per questo non si fa problemi a confidarsi con lui. [ So che l’hai fatto per te e per l’incolumità di chi ti sta a cuore, ma ti ringrazio lo stesso per esserti recato sulla Terraferma, hai dato conferma a me ed alla Dea di essere un buon amico. ]

FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] Coglie, con la coda dell'occhio, le ciocche venir giù: sono come foglie d'autunno, stanche e ormai dome. Prima ancora che Elysiane si pronunci, senza più avvertire il sibilo delle forbici a due dita dalle orecchie, tocca con mano il risultato del lavoro dell'ancella. Scuote la testa, fidandosi del giudizio altrui. E non necessita d'uno specchio che lo rifletta per immaginare che il volto a ricambiare il suo sguardo assomiglierebbe al ragazzino che s'arruolò nei bianchi una notte di molte lune addietro, con meno rughe, meno barba e meno ricordi. Alza un ginocchio, piazzandoci il gomito. [Andrà bene] mormora basso, ruotando la testa su un lato per tornare a osservarla nel momento in cui siederà al suo fianco. [Se con ''appena ne avrò modo'' intendi il momento in cui sarai divenuta madre, sei ottimista. Avrai bisogno di riposo. Senza contare, inoltre, che avranno già risolto le loro controversie.] Nel tono dell'Alfiere non c'è rimprovero, bensì mitezza. Tiene a quella giovane. [In molti, ad Avalon e a Barrington, considerano la terra oltre il lago ricolma di stranieri. Non capiscono che, viste dall'alto, non sono che due zolle divise da una pozzanghera. Ah, la lungimiranza è più rara dell'intelligenza...] Tace a lungo, poi, fissandola. Per concedersi alcuni istanti dopo a un sorriso divertito. Il primo della serata. [Come condottiero draconico, ho il dovere di conoscere le mosse nemiche prima degli alleati. Sarò sempre un passo avanti. E' per questo che è bene che io sia un amico.] Non c'è boria nel dire dell'Ishtuk, che si limita ad annuire e a stropicciarsi gli occhi. [...ed è per questo che eviterai di ringraziare tanto me quanto quegli uomini e quelle donne che ti - e vi - saranno fedeli.] Coi capelli corti, il viso pare aver ritrovato quei tratti spigolosi e freddi che la massa di capelli di grano aveva in parte sepolto. Sembra più distante. E meno espressivo ancora, se possibile. Recupera la giubba e l'infila abbottonandola fino al petto, pensieroso. Poi, apparentemente senza senso, butta lì: [Vorrei avere la certezza che non ci sia più. Che non tornerà. Smetterei di dannarmi.] Nessun riferimento. Nessun soggetto. Elysiane comprenderà.

ELYSIANE [ . Giardini Esterni . ] Non si stupisce di non udire un ringraziamento da parte dell’Alfiere per il taglio della chioma, così come non si scompone quando egli prende posto accanto a lei sul prato verde dei Giardini Esterni. Appena la voce profonda dell’uomo le carezza l’oto, ella si gira nella sua direzione ed inarca entrambe le sopracciglia in una finta espressione di stupore. [ Intendo quando sarò sicura di avere Inwe al mio fianco. E se avrò ancora questo.. ] Di nuovo il pancione diventa la destinazione del suo sguardo [ Vorrà dire che arriverò sulla Terraferma rotolando! ] Non si lascerà pestare i piedi dalla sua gravidanza, già le brucia abbastanza il dover rinunciare alle armi almeno fino al parto. La pensa esattamente come l’Ishtuk riguardo all’immotivato cattivo sangue che corre fra le due sponde del Lago, eppure non può far a meno di schierarsi dalla parte degli Isolani. [ Ho sentito con le mie orecchie alcuni bardi viandanti cantare di “orripilanti creature che commettono sudice gesta” sulla Terraferma ] Il timbro della sua voce imita quello di un uomo mentre si fa beffe dei suddetti cantastorie [ Ed è del tutto normale che i contadini ci credano. Quel che mi fa ribollire il sangue è che c’è gente che nutre il popolo con l’ignoranza, gente cui quest’odio fa comodo, gente che non risiede su quest’Isola. ] Sorride ancora al Cavaliere draconico: in questo frangente forse non le è concesso ringraziarlo, però si può dire sollevata di non avercelo come nemico. Almeno questo. Il sorriso, però, appassisce in fretta come una rosa trascurata, come un fiore di campo sterminato dalla ferocia del sole. Sì, Elysiane capisce anche senza un soggetto. Il volto biondo, magro e bellissimo della sua migliore amica è vividamente inciso nella sua memoria ed è la ventunenne stessa ad impegnarsi a non evocarlo. Non vuole dimenticare Roseline, solo farla vivere in quel piccolo reparto della sua mente in cui dimorano anche Nixi ed Hagall ed Arshal ed Eiluned e Mithril e Nivienne e tutte le altre Sorelle che ha perso per il crudele volere del Fato. Non poggia una mano sulla spalla di Fehrer per lo stesso motivo per cui egli non l’ha ringraziata poco fa, però cerca il suo sguardo. Si sente in dovere di confidargli la sua teoria, almeno lui deve sapere. [ Rhiannon ha chiamato Nixi tempo fa e le ha imposto di vivere fra le Nebbie per il tempo necessario a temprarla. Molte Figlie della Dea hanno subito la stessa sorte, io stessa sono stata imprigionata nel banco al ritorno da un viaggio a Roma ed è stata proprio Ros..proprio lei a tirarmi fuori. ] Evita di dire il suo nome, i margini della ferita bruciano ancora come veleno sulla carne viva. [ Mi è stato detto che Haynes è stata ritrovata qui nei giardini e mi viene difficile pensare che possa essersi allontanata tanto da riemergere dalle Nebbie, ove invece lei l’aveva vista. Lei era la prediletta della Signora dei Corvi, Fehrer! Non avrebbe mai commesso un errore così grossolano! Rhiannon deve avergliele mostrate forse per lo stesso motivo per il quale ha chiamato Nixi e se così fosse.. ] Si interrompe ancora una volta, le manca il fiato. Si aggrappa agli steli d’erba che le solleticavano i palmi delle mani e si concentra sul battere frenetico del suo cuore. Chiude gli occhi e li riapre solo quando è certa che la sua voce non tremerebbe. [ Ti consiglio di non sperarci. Se tornerà io lo vedrò e l’andremo a prendere. ] Viva o morta. Gli Spiriti danzano attorno alle due imago accovacciate in un vorticoso girotondo dal sapore macabro, dal sapore della perdita.

FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] Per quanto riguarda Barrington, una chiosa: [Non tutte le creature di Barrington rappresentano il Caos. Si recide il braccio infetto; non si spegne il cuore.] La mentalità dell'Ishtuk è cambiata molto, in trent'anni d'armi. La spietatezza insegnatagli dal regime militaresco dei bianchi ha lasciato via via il posto a una neutralità insondabile: che molti, ancora oggi, stentano a comprendere. Eppure egli è vivo. Un'ombra del guerriero che fu, ma un'ombra viva. L'ammonisce pacatamente, sventolandole un indice e basta, ma non torna più sull'argomento gravidanza, tantomeno le suggerisce ancora una volta di attendere. E di pazientare. Piuttosto, distoglie lo sguardo e piazza il bocchino della pipa in un angolo delle labbra. Il nome di Roseline aleggia nell'aria: per rispetto e timor proprio, Elysiane non lo pronuncia, ma l'Alfiere scopre di non provare dolore nell'immaginarlo e, comprende, non ne proverebbe vocalizzandolo. E' così che si scacciano i fantasmi. Lascia che parli. Che spieghi. Che si spieghi, e La spieghi. Ma il Nordico ha scelto da tempo, e il cuore già arido s'è fatto avvolgere da una patina nerastra ch'è pallida, e ferma, e inamovibile. [Anche gli dèi commettono errori.] La voce, pur se distorta dal lungo becco della pipa, risuona fiera e determinata. Serena e profonda, come chiunque abiti queste terre ha imparato ad associarla alla sua espressione. Eppure, pare impossibile a chi scrive determinare quanto rabbiosa sia al di sotto delle solite note quiete e rassicuranti. Che la fede del Barbaro abbia tentennato? Possibile. Probabile. Non lo nega. Non si nega. Le mostra l'anello con cui giocherellava in precedenza. Glielo avvicina al volto. [Questo non starebbe al dito di un uomo con quelle speranze. E' il solo e unico ricordo che possiedo. Oltre...] Rovista fra i propri averi, comprensivi di un manto e di una spada, recuperando una lunga catena alla cui estremità giace una stella del vespro. [Oltre a questa.] Pare distante la notte in cui la sfilò dall'alto del collo magro e gliela depose giù nel suo, a tenere compagnia al petto ampio. Le piccole mani. Il corpo fremente. Le lunghe gambe. L'ultima notte. [Eravamo seduti così, io e lei. Quando iniziò tutto. Provò la mia pipa, e a momenti avrebbe rimesso l'anima.] Sorride di gusto, lo sguardo rivolto a un'immagine che il mondo, per inquadrarla, dovrebbe voltare su di sé a ritroso. [All'epoca non era che uno scricciolo. Un mucchio d'ossa che si muoveva per merito di una volontà salda, e niente di più. Non che poi sia cambiata... ma è divenuta donna. Gli occhi. La luce in fondo agli occhi era più matura.] Generalmente chiuso nel proprio silenzio, l'Ishtuk pare a disagio nell'esternare a lungo la propria voce, che tuttavia perde mano a mano la nota roca che la contraddistingue e si fa maggiormente spedita, seppur ancora profonda. [Sono lontani, quei tempi. Non ci saranno più.]

ELYSIANE [ . Giardini Esterni . ] [ Non tutte le creature che dimorano ad Avalon sono di cuore buono. ] Si stringe nelle spalle, concludendo con quell’affermazione per garantirgli il totale accordo sulla questione. La loro conversazione ha assunto una piega del tutto diversa e sicuramente inaspettata per la giovane: dinnanzi ai suoi occhi increduli, Fehrer si apre e riversa fuori ciò che resta – o ciò che vuol far vedere – del suo legame con la Stella del Vespro. La Romana resta silente, caccia indietro le lacrime e nasconde la sua angoscia dietro ad una maschera di pietra. [ Imperturbabilità liv. 6 ] Dapprima l’anello, quindi la collana. Di gingilli come quello Elysiane ne ha visti a bizzeffe: ella stessa ne possedeva uno simile là ove ora è acciambellato il Medaglione del Drago. Non è lecito che il Cavaliere sia in possesso di quel gioiello eppure ella non glielo dice, approvando tacitamente quello strappo alla regola. Gli angoli della bocca si sollevano a fatica nel ripensare a lei, a come si sono conosciute loro. [ L’ho incontrata fuori dalle mura di questo Tempio. Io, lei e Nixi non eravamo che delle Aspiranti. La Dea mi aveva già respinta una volta ed io ero molto scoraggiata, avevo solo dodici anni e tutto di quest’Isola mi faceva paura. Roseline. ] Questa volta il suo nome si fa strada fra le labbra rosee, portandosi con sé degli attimi di puro silenzio [ Lei era diversa da me: taciturna, riflessiva, sicuramente più matura. Era molto selettiva e fui contenta quando mi rivolse la parola la prima volta, felice che quella creatura così eterea e distaccata avesse scelto me. E’ stata lei ad incitarmi a riprovare, insieme a lei e a Nixi ho sostenuto la prova per diventare Sacerdotessa. Mi aveva persino donato un anello uguale al suo: lo indossavo sempre, giorno e notte. Quando le Nebbie mi catturarono mi scivolò fra i flutti e sono quasi morta congelata per averlo cercato con troppo zelo. Non mi sono mai perdonata per averlo perso. ] Solleva lo sguardo, cercando il viso dell’Alfiere. [ Ma sono riuscita a ritornare all’Approdo e lei era lì ] Un sorriso, il primo dopo minuti di tristezza. [ Non mi raccontava molto di te ma si vedeva ad occhi chiusi che era cambiata, tu l’hai cambiata. Poi è rimasta incinta ed il mondo le è crollato addosso, io ero con lei sotto le macerie. Dormiva nel mio letto la maggior parte delle notti, il resto del tempo lo spendeva inginocchiata nella Nicchia di Rhiannon, cercando di capire il perché un ventre che avrebbe dovuto essere infertile fosse portatore di vita. Ero lì quando Haynes è nata, ti ricordi? Ti ho chiamato io, sebbene sia io che Rose fossimo malate; è stata dura ma non potevo non esserci. Era una madre fantastica! Atipica ma immensamente premurosa: pensava al bene di Haynes in ogni istante e sono certa che avesse molto a cuore anche il tuo. Quando sua figlia è sparita non si dava pace: anche avendo visto la morte in faccia, il baratro, l’oblio dal quale probabilmente non avrebbe fatto ritorno ella ci si è buttata a capofitto per salvare la sua bambina. Sapeva che sarebbe andata in un luogo pericoloso, un loco accessibile soltanto a lei. Tutte noi lo sapevamo. ] Gli occhi si specchiano nel verde gemello dell’erba, appesantiti da qualche lacrima sfuggita all’iper-controllo della ventunenne. [ Certo, ho con me le altre Sorelle: a loro voglio bene, morirei per loro. Ma io, io la amavo. ] Un amore platonico, probabilmente. [ Per questo credo di capirti. Delle volte credo di averla persa per sempre e mi ritrovo a piangere come una bambina, poi mi ricordo che questo non è vero perché il suo cuore è ancora qui, qui dove c’è Haynes, dove ci sei tu. Dove ci sono io. ]

FEHRER [Tempio - Giardini Esterni] Una buffa sensazione, questa. Guarda un po': il Colosso che si sbottona e si lascia andare a più di una confessione e, allo stesso tempo, si fa scrigno di quelle altrui. Non è adatto per questo genere di cose né ha mai imparato com'è che si faccia. Semplicemente, tuttavia, vi riesce. Vi è sempre riuscito. E' un buon ascoltatore, il Barbaro: difatti, la osserva silenzioso fin quando le ultime parole non le abbandonano la bocca, permettendogli di conoscere Roseline da un'angolazione che non aveva mai studiato. Quella dell'amicizia. Troppo fugace, fu la loro, prima che si concessero all'amore e ai suoi vizi. E alle sue forme, molteplici. Se un'iniezione di colori si intrecciasse alle loro sagome, una sfumatura calda s'avvinghierebbe a quella di Elysiane, puntellandola di vivide stelle; e una assai più fredda e accorta si legherebbe al Barbaro, accompagnata da un corteo di ombre silenti. [Non era affatto una buona madre. Ma era meglio così: neppure io ero un buon padre. E non lo sono tuttora. E sai cosa? Ci completavamo. Le mancanze di una venivano completate dalle... mancanze dell'altro. Una doppia mancanza è perfezione.] Sorride, divertito dal ricordo dei loro errori piuttosto che dall'entusiasmo dei loro - magri - trionfi. Troppo occupato uno, troppo occupata l'altra, perché Haynes vivesse quotidianamente la mamma e il papà. Se ne resta taciturno, in un secondo momento. Taciturno e pensoso, poiché le parole della Somma scavano una breccia e ticchettano sulla barriera che attanaglia il cuore. ''Ehi, sono qui'' pare sussurrare la vocina dei sentimenti alla patina nera. Un po' poco perché il muro ceda di schianto. Ma un po' tanto perché alla bocca non venga in mente di disegnare un altro sorriso. Stavolta meno divertito. E più sincero. [Mi sono ammalato anch'io. Stando vicino a lei e alla bambina. E sai una cosa? Quelle due - una distante, una ormai donna - continuano a farmi ammalare. In un modo o nell'altro. Non si guarisce da questo malanno più di quanto non si guarisca dalla morte.] E' una condanna eterna, la sentenza vibratagli sul capo dal Fato che, se allora pareva affine alle sue volontà, oggi è impietoso, è mannaia, è palesemente avverso. C'è un terzo sorriso. Stavolta meno sincero. E più amaro. [Avrei potuto aiutarla. Avrei potuto reggere metà o tre quarti del fardello. O tutto il peso, se solo l'avesse chiesto. Se solo. Insieme.] Annuisce, una volta soltanto, prima di mascherare l'espressione dietro l'insondabile velo di freddezza che contraddistingue quelli come lui. Che hanno una coperta di cielo dentro. La osserva. Dritta negli occhi, umidi di lacrime. Ci sono anche quelle di lui, verosimilmente, giacché nello sguardo dell'Alfiere non ve n'è traccia. E' asciutto. [Anch'io l'amavo. Anch'io.] Si alza. Recupera la spada e quei pochi averi che si butta sulle spalle, l'anello e la stella del vespro stretti in una mano. [Stai bene, Elysiane. E non affaticarti. E grazie.] Per ogni cosa, eppure non lo dice. Più di quanto non suggerisca la voce, calda rispetto agli istanti appena fuggiti. Volta le spalle a lei e al Tempio, incamminandosi verso la notte. Quella vera.


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